Lasciar piangere il neonato: gli effetti sul suo cervello

Il neonato non è in grado di parlare pertanto comunica bisogni e necessità attraverso il pianto.

Tuttavia, i piccoli che stanno a contatto con la pelle e le emozioni di mamma e papà in maniera costante e prolungata, avvertono una sensazione di sicurezza che li rilassa e li porta a piangere di meno quando sono lasciati soli.

Al contrario il pianto prolungato, tipico della fase “Purple crying” cioè tra la prima e la quinta settimana dalla nascita, è il modo in cui manifestano il desiderio di contatto fisico e di attaccamento. L’AAIMHI, Associazione Australiana sulla Salute Mentale Infantile, ha studiato il tema scoprendo che se i genitori non leniscono il pianto prolungato, nel neonato si può instaurare una forma di stress fino a provocare effetti neurologici a medio e lungo termine sul bambino.

Lasciar piangere il neonato: gli effetti a medio e lungo termine

Il pianto prolungato provoca al neonato effetti psicologici ed endocrini a breve e lungo termine. Lo stress fa innalzare i livelli di cortisolo che interferiscono con lo sviluppo dei neurotrasmettitori non completamente sviluppati. Il primo anno di vita è delicatissimo pertanto lo stress può danneggiare le sinapsi del neonato, creando instabilità tra le connessioni della corteccia prefrontale e le aree più primitive del cervello. Il piccolo potrebbe riportare stati d’ansia e di paura nell’immediato, mentre a lungo termine sarà evidente una tendenza all’iperattività e a deficit cognitivi.

Un altro effetto del pianto prolungato si riscontra in una maggiore suscettibilità alle infezioni e in una maggiore fragilità respiratoria del bambino a causa di un indebolimento delle difese immunitarie.

Va chiarito che abbandonare il bambino al suo pianto prolungato affinché si calmi e non cresca viziato, è una falsa credenza. I bambini e gli adolescenti che, durante l’infanzia, hanno goduto di un costante contatto fisico con i genitori sono più capaci di gestire le situazioni stressanti.

Il pianto prolungato: gli effetti su mamma e papà

La condizione di stress colpisce di riflesso anche mamma e papà, specie quelli al primo figlio. Si sentono sopraffatti dalle circostanze, dal radicale cambiamento e dalle poche ore di sonno così il pianto prolungato può essere interpretato come una propria inadeguatezza o come un fastidio insopportabile. Un genitore stanco o preso dal panico potrebbe compiere gesti inappropriati come arrivare a scuotere involontariamente il bambino. In questo caso, il neonato potrebbe riportare seri danni visto che il cervello e i muscoli del collo non hanno raggiunto ancora il pieno sviluppo. È necessario ricordare sempre che il pianto prolungato non è un capriccio, ma un bisogno vitale.

Il pianto prolungato del neonato: cosa fare?

Accudire un neonato è un’esperienza affascinante ma molto impegnativa. L’approccio fisico, il contatto neonato-mamma è prezioso e fa la differenza per lo sviluppo cognitivo ed emotivo del neonato. Uscite di casa tenendolo in un marsupio a contatto con il petto, così da riprodurre l’ambiente prenatale e ridurre il trauma della nascita, oppure leggete un libro tenendo il bimbo in grembo o fate un corso di acquaticità neonatale assieme. Di sicuro entrambi ne avrete grandi benefici.

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