
Si tratta non propriamente di una patologia quanto di una serie di sintomi che spesso vengono sottovalutati e di cui non si parla abbastanza: la SBS (“Shaken Baby Syndrome“), o anche Sindrome del bambino scosso, è difficile da diagnosticare e ha gravi conseguenze per i più piccoli.
Ecco di cosa si tratta, quali sono i fattori scatenanti e i consigli per evitarla.
Cos’è la Sindrome del bambino scosso
I medici la definiscono come Trauma Cranico-Abusivo (AHT), ma i genitori la conoscono come Sindrome del bambino scosso, anche se ancora oggi sono pochi a sapere tutto il necessario, tanto che “Terres des Hommes” (una rete di organizzazioni che tutela i minori) ha lanciato una campagna per prevenirla.
Innanzitutto, la sindrome ha una diagnosi difficile dato che è la conseguenza dei comportamenti messi in atto soprattutto tra le mura domestiche: questi avvengono nei primi due anni di vita e consistono in scuotimenti violenti che inficiano i muscoli cervicali in fase di consolidamento, causando ecchimosi, lesioni ai tessuti con rottura dei vasi cerebrali e, nei casi più gravi, anche convulsioni.
I sintomi e i “fattori di rischio”
La SBS rappresenta un fenomeno molto più diffuso di quanto si pensi dato che molti neogenitori non sono nemmeno a conoscenza della sua esistenza.
I sintomi che aiutano a riconoscerla sono l’inappetenza del bambino e le difficoltà nella deglutizione, ma anche vomito e disturbi respiratori: tutti segnali che non si riescono ad attribuire agli scuotimenti e che si tende a ricondurre ad altre patologie.
Inoltre, il periodo in cui la sindrome ha la sua maggiore incidenza è tra le prime due settimane e i sei mesi di vita, quando tessuti e struttura ossea della testa sono fragili e più soggetti a traumi.
Dunque tra i fattori scatenanti c’è uno scuotimento inappropriato e a volte inconsapevole, messo in atto non solo dai genitori, ma anche da baby-sitter e maestre del nido; per quanto riguarda i “fattori di rischio”, la SBS ha maggiore probabilità di svilupparsi nei neonati con genitori dal basso livello di istruzione, in contesti famigliari disagiati o dove si verificano episodi di violenza, ma nella maggior parte dei casi si tratta di mamme e papà semplicemente inconsapevoli di rispondere in maniera errata al pianto inconsolabile del loro bambino.
Le conseguenze della SBS e come evitarla
Le conseguenze di continui episodi di scuotimenti (prolungati per diversi secondi) si manifestano con disturbi neuropsicologici anche nei primi mesi di vita.
Tra questi vanno menzionate le disabilità fisiche e sensoriali, fino ai casi più gravi di epilessia, paralisi cerebrali e ritardi a livello mentale e motorio: sul lungo termine si notano disturbi del linguaggio, della memoria e a livello comportamentale, ma (si parla del 25% dei casi) la SBS può portare anche al coma e alla morte.
Ecco perché è fondamentale la prevenzione e soprattutto l’educazione dei genitori: il neonato piange perché non ha altro modo per comunicare, dunque è inutile scuoterlo per calmarlo dato che si ottiene l’effetto contrario.
Come spiegano i pediatri, è meglio provare con delle coccole, facendogli fare un bagnetto o rilassarlo parlandogli e cantando; ovviamente, nei casi in cui il pianto diventa insostenibile e se si hanno dei dubbi, è meglio chiedere aiuto a un medico.
tanto che “Terres des Hommes” (una rete di organizzazioni che tutela i minori) ha lanciato una campagna per prevenirla. Innanzitutto, la sindrome ha una diagnosi difficile dato che è la conseguenza dei maltrattamenti messi in atto soprattutto tra le mura domestiche: questi avvengono nei primi due anni di vita e consistono in scuotimenti violenti che inficiano i muscoli cervicali in fase di consolidamento, causando ecchimosi, lesioni ai tessuti con rottura dei vasi cerebrali e, nei casi più gravi, anche convulsioni.
I sintomi e i “fattori di rischio”
La SBS rappresenta un fenomeno molto più diffuso di quanto si pensi dato che molti neogenitori non sono nemmeno a conoscenza della sua esistenza. I sintomi che aiutano a riconoscerla sono l’inappetenza del bambino e le difficoltà nella deglutizione, ma anche vomito e disturbi respiratori: tutti segnali che non si riescono ad attribuire agli scuotimenti e che si tende a ricondurre ad altre patologie.
Inoltre, il periodo in cui la sindrome ha la sua maggiore incidenza è tra le prime due settimane e i sei mesi di vita, quando tessuti e struttura ossea della testa sono fragili e più soggetti a traumi.
Dunque tra i fattori scatenanti c’è uno scuotimento inappropriato e a volte inconsapevole, messo in atto non solo dai genitori, ma anche da baby-sitter e maestre del nido; per quanto riguarda i “fattori di rischio”, la SBS ha maggiore probabilità di svilupparsi nei neonati con genitori dal basso livello di istruzione, in contesti famigliari disagiati o dove si verificano episodi di violenza, ma nella maggior parte dei casi si tratta di mamme e papà semplicemente inconsapevoli di rispondere in maniera errata al pianto inconsolabile del loro bambino.
Le conseguenze della SBS e come evitarla
Le conseguenze di continui episodi di scuotimenti (prolungati per diversi secondi) si manifestano con disturbi neuropsicologici anche nei primi mesi di vita. Tra questi vanno menzionate le disabilità fisiche e sensoriali, fino ai casi più gravi di epilessia, paralisi cerebrali e ritardi a livello mentale e motorio: sul lungo termine si notano disturbi del linguaggio, della memoria e a livello comportamentale, ma (si parla del 25% dei casi) la SBS può portare anche al coma e alla morte.
Ecco perché è fondamentale la prevenzione e soprattutto l’educazione dei genitori: il neonato piange perché non ha altro modo per comunicare, dunque è inutile scuoterlo per calmarlo dato che si ottiene l’effetto contrario.
Come spiegano i pediatri, è meglio provare con delle coccole, facendogli fare un bagnetto o rilassarlo parlandogli e cantando; ovviamente, nei casi in cui il pianto diventa insostenibile e se si hanno dei dubbi, è meglio chiedere aiuto a un medico.