Quel momento in cui non ce la fai

Per tutte arriva quel momento. Spesso è la sera, quando siamo più stanche. Altre è in piena mattina, quando ci sono le lavatrici da fare, il pranzo da preparare, le mail da leggere, e cento cose da stirare.

Arriva per le mamme alla prima esperienza, quelle che pensavano sarebbe stato come nei film. Arriva per quelle che hanno già uno o più figli, perché hanno anche altri bambini a cui dare retta.

È quel grido, l’ennesimo, quello stridere della vocina sottile, acuta, che ti perfora il cervello. È una parola, un suono, una frase. È il capriccio che si ripete da ore. È il pianto inspiegabile che diventa cantilena. Ha un volume illegale, lo sai. Proviene da tuo figlio, quello che hai voluto, che hai cercato, che hai benedetto. È la sua faccia, tutta rossa per lo sforzo, per quell’inconsapevole egocentrismo che gli fa fare di tutto per essere visto, cercato, adorato.

Lo ami. Ha bisogno di te. Urla. Si incapriccia. Ma ora, in questo momento, non ce la fai. Non riesci più a ragionare.

Arriva per tutte quel momento. E arriva più di una volta. La sua voce non ti sembra più quell’angelico richiamo all’amore. La sua voce ti sembra criminale, quasi cattiva. Lo sai che non è colpa sua, che è normale, ma ti sembra di impazzire.

Sei sola, devi fare mille cose e badare anche a loro. Far da mangiare, far dormire, cullare, allattare, giocare, e, soprattutto, sorridere, essere di buon umore. Non devi perdere le staffe, sono bambini, che diamine!

Ti senti crollare. Credi che nessuno al mondo possa capirti. Ti senti sola. Nessuna mamma sa cosa stai passando. Nessun papà. Nessun’amica.

Quell’urlo perfora ogni cosa. La buona volontà, l’ottimismo, la grinta. La stima che hai di te come mamma.

Se qualcuno ti parla, una voce al telefono, ad esempio, non sei in grado di decifrarla. Se cerchi di leggere qualcosa, non afferri il concetto, le lettere fanno giri tutti loro.

Se tenti di calmare la rabbia, la tristezza, il capriccio, qualsiasi cosa sia a scatenare quell’inferno, non ci riesci. La tua voce è bassa di troppi decibel, rispetto alla sua.

Arriva e senti che stai caricando. Non riesci a fermarti. Senti la tua voce, dall’esterno, come se non fosse tua: stai urlando. Gli sta dicendo di smettere, che sei stanca, che non puoi andare avanti così.

Un attimo dopo, ricacci tutta quella rabbia in gola, lo sai che non dovevi, che è solo un bambino. Lo sai che vi amate e avete bisogno l’uno dell’altro, in modo viscerale.

Vedi quel viso chiudersi in una smorfia, per lo spavento. È sua madre che sta urlando contro di lui.

Piangi, sai che non volevi e che non dovevi. Lo abbracci, vi calmate a vicenda. Vi amate. Fate pace.

Succede, si, a tutte le mamme del mondo. Non serve a nulla condannarsi, non c’è colpa. Forse, ci vorrebbe solo un po’ di calma. Andare in un’altra stanza, pochi minuti, respirare, e poi tornare. E, se non dovesse riuscire questo trucco, se dovessimo urlare comunque, perdoniamoci. Siamo umane.

2 commenti

  1. Mi è successo qualche volta ma è durato solo un attimo perché il mio senso di colpa è stato più forte e mi ha subito fatta rientrare nel ruolo di mamma.

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