Mamme sempre più equilibriste: i dati sulla maternità in Italia

9 maggio 2024 –

Ogni anno Save The Children pubblica in occasione della Festa della Mamma il rapporto sulle condizioni di vita delle mamme di oggi.

Ancora una volta il rapporto annuale “Equilibriste: i dati sulla maternità in Italia” cita le forti penalizzazioni delle mamme lavoratrici nel mercato del lavoro, la mancanza di aiuti a livello statale e la disparità di genere come fattori che non aiutano certamente il tasso di natalità in Italia.

Equilibriste: i dati sulla maternità in Italia

Si discute spesso della crisi della natalità in Italia, tuttavia si tende a ignorare le realtà quotidiane delle mamme contemporanee, che dopotutto assumono il ruolo principale nella cura dei figli. Per questo le mamme contemporanee sono definite autentiche ‘equilibriste’, costantemente impegnate nel difficile compito di armonizzare famiglia e lavoro.

Siamo a Maggio 2024, poco prima della Festa della Mamma. Il rapporto intitolato ‘Equilibriste: i dati sulla maternità in Italia nel 2024’ di Save the Children mette in luce una realtà allarmante.

In Italia, 1 mamma lavoratrice su 5 abbandona il lavoro dopo la maternità. Inoltre, il 72,8% delle convalide delle dimissioni presentate dai neogenitori riguarda le donne, sottolineando una disparità di genere significativa nel mondo del lavoro.

Ma vediamo meglio i dati citati nel report.

Disuguaglianze di genere nel mercato del lavoro

Nonostante una cospicua occupazione femminile in Italia, la maternità accentui le differenze di genere. Nel 2023, il tasso di occupazione femminile tra i 15 e i 64 anni era solo del 52,5%, ben sotto la media dell’Unione Europea del 65,8%.

Le donne italiane senza figli mostrano un tasso di occupazione del 68,7%, ma questo cala significativamente al 57,8% per quelle con due o più figli minori. Al contrario, gli uomini nella stessa fascia di età registrano un tasso di occupazione dell’83,7%, che rimane elevato indipendentemente dal numero di figli.

Le donne che lasciano i lavoro per stare con i figli

Il tema delle dimissioni volontarie dopo la nascita di un figlio è un altro punto cruciale: la difficoltà di conciliare il lavoro con i tempi della famiglia, spesso gravante esclusivamente sulle madri, ha portato a 61.391 dimissioni volontarie per genitori con figli piccoli (dai 0 ai 3 anni) nel 2022. Di questi, il 72,8% corrisponde alle donne, mentre il 27,2% riguarda gli uomini.

È giusto interrogarsi sui motivi per cui si danno le dimissioni: per le donne, il 41,7% il motivo è stato la mancanza di servizi di assistenza come motivo delle dimissioni, mentre il 21,9% ha indicato problemi nella gestione del lavoro. In totale, i compiti di cura rappresentano il 63,6% delle motivazioni per cui le lavoratrici madri si sono dimesse.

Per gli uomini invece, le cause principali delle dimissioni sono di tipo prettamente professionale: il 78,9% ha lasciato il lavoro per cambiare azienda e solo il 7,1% ha menzionato la necessità di prendersi cura dei figli come motivo della loro decisione.

La crisi della natalità in Italia

Il rapporto di Save the Children evidenzia come l’Italia continui a registrare numeri negativi per quanto riguarda la natalità. L’anno 2023 ha segnato un nuovo minimo storico con meno di 400.000 nascite, evidenziando un calo del 3,6% rispetto al 2022.

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Anche il numero medio di figli per donna è diminuito, attestandosi a 1,20. Questo fenomeno ha colpito anche la popolazione straniera, con una riduzione di 3.000 nascite rispetto all’anno precedente. L’Italia si conferma tra i Paesi europei con l’età media più alta delle donne alla prima gravidanza, circa 31,6 anni, e con una percentuale dell’8,9% di primi figli nati da madri sopra i 40 anni.

E la natalità in Europa?

Molti Paesi hanno implementato riforme significative nelle loro politiche a favore delle famiglie per affrontare le sfide legate al calo delle nascite e all’invecchiamento della popolazione. Dal 2019, oltre il 60% dei governi a livello globale (124 su 197) ha introdotto politiche per influenzare positivamente il tasso di fertilità, e altri 19 governi hanno adottato misure per mantenere stabile questo livello.

La Francia, da anni, mantiene un tasso di fertilità vicino alla soglia di due figli per donna grazie a un sistema complesso di supporti finanziari per le famiglie e l’accesso garantito a servizi per l’infanzia di alta qualità, adattati a diverse necessità familiari.

La Finlandia ha visto una ripresa del tasso di natalità tra il 2019 e il 2021, nonostante un calo nel 2022. Recentemente ha introdotto una riforma del congedo parentale tra le più innovative d’Europa, che permette una condivisione equa del congedo tra i genitori e offre una maggiore flessibilità nel suo utilizzo, garantendo l’accesso ai servizi per l’infanzia a una larga percentuale di bambini, specialmente tra i 2 e i 3 anni (69,6%).

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In Germania, il tasso di fertilità ha visto un incremento nel 2021, seguito da un calo nel 2022. Il paese offre sostegno economico per i figli e la possibilità di un congedo parentale part-time, compensando il reddito perso al 67%, e assicura l’accesso a posti in asili nido dai primi anni di vita del bambino.

La Repubblica Ceca, dopo aver visto un aumento nel tasso di fertilità fino al 2021, ha subito un calo nei successivi anni. Il Paese continua a favorire un modello di cura più tradizionale, supportando lunghi periodi di astensione dal lavoro per le madri, con una partecipazione ai servizi per l’infanzia (0-2 anni) che si attesta al 6% nel 2020.

Le strategie pro-natalità e per la famiglia

Questi paesi sono solo esempi virtuosi di come si potrebbero implementare politiche per incentivare la natalità, sostenere le famiglie e aiutare le madri a conciliare meglio la vita lavorativa con la famiglia.

Cosa si potrebbe fare allora in Italia? Ce lo dice Daniela Fatarella, Direttrice Generale di Save the Children Italia: “Occorre intervenire in modo integrato su più livelli. Oggi la nascita di un bambino rappresenta nel nostro Paese uno dei principali fattori di impoverimento. Bisogna sanzionare ogni forma di discriminazione legata alla maternità, rendere obbligatorio il family audit e promuovere l’applicazione piena della legge sulla parità di retribuzione. Occorre, inoltre, assicurare ai nuovi nati l’accesso ai servizi educativi per la prima infanzia così come alle cure pediatriche. Gli esempi europei ci sottolineano come, affinché le riforme abbiano un effetto positivo sul benessere delle famiglie, e quindi indirettamente anche sulla fecondità esse debbano essere stabili. Le frequenti riforme e inversioni delle politiche familiari le rendono imprevedibili, poco affidabili e confuse, con un impatto potenzialmente negativo sulle famiglie e sulle donne in particolare.

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