La gravidanza può essere “contagiosa” tra amiche? Cosa dice la scienza

Negli ultimi tempi si sente spesso parlare di possibili gravidanze contagiose. Molte le discussioni in merito ma per evitare di cadere in errori di pensiero è sempre bene partire da quello che la scienza dice.

Può una gravidanza essere contagiosa?

Capita a molte persone di notare in determinati periodi di essere circondati da donne in attesa. A volte può essere il caso, ma spesso potrebbe trattarsi di un’influenza positiva tra i futuri genitori. A testimoniare ciò ha provveduto anche la scienza: è stato svolto uno studio che ha certificato questa cosa. Lo stesso è stato pubblicato su una celebre rivista scientifica, l’American Sociological Association. Un risultato importante e che ha richiesto l’attenzione su 1720 donne in dieci anni. Si è notato come le gravidanze siano sorte in maniera molto ravvicinata evidenziandone perciò una netta correlazione. Un effetto dunque che i ricercatori hanno definito a tutti gli effetti contagioso pur essendo consapevoli che non vi è una causa particolare per cui scaturisce tale meccanismo.

Crede alla gravidanza contagiosa?

L’effetto contagio della gravidanza, stando a quanto emerso da questo studio, ha un andamento a U rovesciata volendolo presentare in grafico. Dura perciò molto poco nel tempo ma si tratta di un effetto molto intenso. Infatti è stato evidente come l’annuncio di una gravidanza possa provocare un qualcosa di molto stimolante e che potrà comportare un concepimento anche in altre persone. Il picco sembra essere di due anni dopo l’annuncio per poi avere un brusco calo fino ad azzerarsi completamente.

E ciò va a confermare quanto aveva affermato già uno studio svolto in Germania nel 2011 che parlava di un’aumentata probabilità di gravidanza nel caso in cui un’amica abbia partorito da almeno 3 anni. Un discorso che ha quindi il benestare della scienza e che perciò è molto lontano dall’essere una semplice credenza popolare. Si può parlare poi dell’azione benefica dell’annuncio di una gravidanza: da quello psicologico a quello ormonale. Anche se c’è ancora molto da analizzare per capirne bene il meccanismo.

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