Inizia la scuola: l’entusiasmo dei bambini e la nostra nostalgia

Ci siamo. Abbiamo comprato lo zaino, il diario e l’astuccio. Abbiamo ordinato i libri, le copertine e il grembiule. Loro, ogni mattina, aprono tutto, ammirano quello che noi adulti chiamiamo il materiale per il back to school che, invece, per loro è il profumo del nuovo che li porterà nel futuro.

Abbiamo riposto, sulla sedia, il vestito lavato e stirato con cura che indosseranno il primo giorno di scuola. Quando varcheranno il cancello da soli, il portone da soli, la porta della classe, da soli. Per la prima volta, in sei anni, non saremo al loro fianco.

Non faremo alcun inserimento. Aspettavamo questo momento da tempo.

Ogni inizio settembre, abbiamo dannato questo sistema che ci complicava la vita: i permessi da chiedere in ufficio, la gestione dei fratellini minori, i diversi inserimenti da fare contemporaneamente.

Ed ora, eccoci qua.

Daremo loro un abbraccio, un bacio, una pacca sulla spalla e gli diremo: in bocca al lupo; stai tranquilla; oggi sarà tutto nuovo; cerca di stare attenta; fai amicizia; la mamma (il papà o chi per loro) ti aspettano fuori, all’uscita.

E quelli con i lacrimoni dentro, ed anche un po’ nell’angolo dell’occhio, saremo noi. Noi porteremo in grembo una certa nostalgia. Quella dell’attesa, quella del parto, quella del nido, quello della scuola dell’infanzia.
Di quelle fasi nelle quali avevano più bisogno di noi. Quella scuola per la quale c’erano sempre la mamma ed il papà a portata di mano. Anche se in ufficio, a casa, o in reparto maternità a fare un tracciato, o a fare un colloquio di lavoro, eravamo comunque più vicini di quanto lo siamo ora.

Ed è ora che capiamo quanto siamo noi ad aver bisogno di loro, più che il contrario. Quanto si stia spostando velocemente quell’asse, quel piatto della bilancia fatto di necessità, nostalgia, bisogno di certezze. Il piattino dice che siamo noi, ora, a voler tornare indietro. A voler rallentare la crescita.

Ci prenderemmo più tempo per il primo passettino, i primi versi ai quali attribuire parole, quelle tacchette sul muro, quel passeggino da abbandonare.

Siamo arrivati. Siamo davanti al portone. Fila ordinata. Bimbi distanziati. Mascherine indossate.

Li guardiamo allontanarsi, senza di noi, ma non da soli. Con il cuore pieno di curiosità, entusiasmo e felicità.

Ci sembrano così piccoli, sotto al peso di uno zaino enorme, ma ancora vuoto. Uno zaino da riempire di risate, complicità, nuove amicizie, prime liti.

Una vita nuova è dietro quel cancello, un cancello dietro il quale non siamo ammessi. Come è sempre stato e come, immagino, è giusto che sia.