Cinque minuti di una mamma

Cinque minuti e sei diventata mamma. E da quel breve incontro nessun minuto è più stato un minuto.

Cinque minuti, ti dici… Cosa sono cinque minuti? Sono quelli che aspettavi l’autobus tornando da scuola. Oppure andando, il libro sotto braccio, la paura dell’interrogazione. In cinque minuti lui ti ha chiamato, quella volta, sei scesa piano per non scombinarti il trucco. Avresti voluto altre dieci volte quei cinque minuti, non ti sentivi mai pronta.

Cinque minuti per una doccia. Cinque per chiamare quell’amica. Per fare pace, per mandarsi a quel paese. Per un’uscita al volo, per cambiare idea.

Quanti cinque minuti hai preso e mollato senza accorgerti, da ragazza. La vita ci si striminziva dentro ma tutto sommato il tempo era tuo.

La prima volta che ti ha fregato nemmeno lo sapevi: cinque minuti e sei diventata mamma. E da quel breve incontro nessun minuto è più stato un minuto.

Cinque minuti, ti dici… Che sarà mai?

Non li trovi. Ne prendi uno, ti siedi, ti rialzi. Ti lavi in due. Ne trovi un altro, a fatica, mentre il piccolo dorme. Ti basterebbe di poterli mettere tutti insieme, quei piccoli granelli di tempo. Invece ci sono volte che ti si sfilano dalle mani, come la sabbia. E a terra c’è un mucchio, e un mucchio di panni e di mamma! e di telefonate, di cose, di giochi e di attese.

Cinque minuti sono quelli che bastano a rovesciare un piatto (anche cinque secondi), un bicchiere pieno sul pavimento appena lavato. Quelli che sali in macchina, le valigie pronte, e gli senti la fronte. Cinque minuti per tornare indietro, non si parte, si torna. Cinque minuti dirsi ciao fuori da scuola, cinque minuti di corri che arriviamo tardi, cinque minuti per il tuo latte migliore, cinque per addormentarlo, stasera è andata bene.

Cinque minuti bastano e la casa diventa tempesta: un figlio urla, l’altro ti ha chiesto due volte qualcosa. La piccola è rimasta sola, si sgola di là, non si chiude il tappo del pennarello, corri, ritorni, litigano, intervieni, ti chiamano dal bagno, è l’ora del sonnellino, un libro in fretta, mamma ancora un po’. Un bacio, scappi.

Alcune mattine il tempo è fermo e pieno di sassi. Non ce la faccio, pensi, non oggi. Daresti cinque anni per correre a dopo, a cinque minuti più tardi: perché una cosa l’hai imparata, una cosa la ricordi… Cinque minuti dopo tutto sarà già cambiato.

I due grandi giocano a nascondino, la piccola conta uno, nove, quattro, cinque, a volte azzecca due numeri in coda. Hanno lavato le mani, messo a posto i piccoli asciugamani. Riordinano i giochi, sorridono, volano. Hai finito la cucina, il frastuono dei lamenti e dei litigi è acquietato, ora suona qua e là un gridolino, un solletico. Ti siedi con un caffè, un quadretto di cioccolato. Volevi un attimo tutto tuo, ma non ne hai più bisogno. Volevi urlare di rabbia, ma chiami a vele spiegate: “Chi vuole un quadretto di cioccolato?” Li guardi arrivare, tre altezze di testoline attorno al tavolo. E smetti di contare il tempo.

Ché il tempo con loro è come loro: improvviso, imprevedibile, pazzo. Cinque minuti e vorresti scappare. Cinque minuti più tardi non te ne andresti mai.

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