Amico immaginario: chi è il nuovo compagno di giochi di mio figlio?

Perché un bimbo s’inventa un amico invisibile? Come comportarsi quando compare quest’entità immaginaria e quando ci si deve preoccupare?

Amico immaginario: è un bene o un male?

L’amico immaginario compare all’improvviso e ha nome, età e ruoli ben definiti. Può essere un bimbo, un animale, un supereroe, un extraterrestre, il personaggio di un cartone animato o di un libro ma è comunque forte, coraggioso, simpatico, comprensivo, complice e fidato. Ma da dove sbuca e, soprattutto, perché? Gli psicologi assicurano che l’invenzione di un amico non costituisce un problema ma un’esperienza interiore positiva, perché serve al bimbo per socializzare nonché per esternare le proprie paure e i propri desideri, e gli fornisce appoggio e consolazione. L’amico immaginario non è solo un compagno di giochi quindi non serve per sopperire alla mancanza di amici: può essere la proiezione delle qualità che il bimbo vorrebbe avere (coraggio, super-poteri, capacità di esaudire i sogni) ma può anche costituire un confidente a cui rivelare ciò che è complicato spiegare a mamma e papà. Queste fantasie hanno anche un altro merito: aiutano i più piccoli a ragionare, prima con con se stessi e poi con gli altri, attraverso il doppio sé che si creano.

Amico immaginario: cosa fare e non fare

L’amico invisibile va trattato con rispetto perché per i piccoli è una questione seria, pertanto queste loro fantasie non vanno mai ridicolizzate ma assecondate senza eccessiva ingerenza. È consigliabile prestare attenzione a quello che il bimbo dice al suo amico invisibile ma si deve comunque trattare di una vigilanza discreta. L’atteggiamento giusto da tenere è propositivo e affettuoso, mai svalutativo o umiliante. Quando questa fantasia deve destare preoccupazioni? Se l’amico invisibile serve solo per esternare disagio, lamentele o disappunto, quando diviene l’unico compagno di giochi e confidenze del bimbo e se continua ad “esistere” anche oltre gli 8/9 anni, allora è bene cominciare a indagare di più sul suo ruolo, ponendo qualche domanda mirata al piccolo anche con l’aiuto di uno psicologo.