Quei bambini proiettati nel futuro, senza passare dal via

E la scuola internazionale. Quella di musica classica. Il tennis che fa sempre alta borghesia. Tre lingue, più l’immancabile cinese. Il pianoforte al conservatorio. Gli amici ben selezionati. Le feste al museo, per il terzo compleanno di età. La scuola americana. Il liceo francese. Quello tedesco. Il violino con il precettore, a domicilio.

I capelli dai discendenti di Coppola, che hanno ancora la fontanella. Il Moncler che dopo un anno è già da cambiare, perché piccolo. La settimana bianca a sette anni, con i compagni di classe, alla scuola privata. Il campus estivo che manco un master.

La scuola montessoriana, steineriana, in mezzo al bosco, se ne parlano nei salotti, anche se non ci capiamo un caxxo di pedagogia. Il nido bilingue. In vacanza con i figli della gente che piace alla gente che piace.

L’ultimo modello di iphone, in prima media. Compra da solo su amazon, alle elementari. Cambia i programmi, senza parental control, perché deve imparare da solo a selezionare ciò che è meglio per lui, alla materna.

L’indirizzo svizzero. Quello artistico. Quello musicale. Il San Carlo, la Bocconi, Economia all’estero. Pensieri e progetti avanti di vent’anni almeno.

Lo sport, al circolo privatissimo. La sacca, con lo stemma della scuola, più istituzione che istituto, sulle spalle del filippino o della tata spagnola che insegna la quarta lingua, mentre le vengono date le spalle.

La cameriera, con divisa e crestina compresa, che scende a prendere il bambino, prima che l’autista metta in moto. Il collaboratore tutto fare che rimane a casa, anche dopo la festa, per mettere a letto i bambini.

E la scuola a Shangai, il liceo dai salesiani, la primaria a seimila euro l’anno, tutto escluso.

Il compleanno al circolo, alle elementari. Il cavallo di proprietà, se si fa equitazione.

Quante ne sento e ne leggo, ogni giorno. Da quando sono mamma. Da quando vivo in una grande città. Alcune volte mi viene da sorridere, altre stringo la mascella.

Non è una questione di possibilità economica, ma di stile di vita. Di una vita a misura di futuro, che pensa solo a “fra qualche anno”, senza che si possano poggiare i piedi per terra. Nel presente.

Bambini catapultati dalla sala travaglio al meglio dei luoghi privati nei quali poter presenziare, passando solo attraverso un’apparenza che brucia le tappe.

Non solo famiglie ricche, che hanno il diritto di spendere i propri soldi come meglio credono, come è meglio per i figli, ma bambini che non possono essere bambini, anche se sono nati solo ieri.

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