Leggere e scrivere prima della scuola primaria: sì o no?

Sempre più numerosi sono i bambini in grado di leggere e scrivere prima dell’inizio della scuola primaria.

Questo dato, in apparenza allettante, può nascondere, in verità, alcune insidie.

È lecito, in effetti, domandarsi se sia opportuno o meno insegnare al bambino a scrivere prima dei 6 anni.
La risposta non può che restare aperta. Dipende prima di tutto dal bambino stesso e dalla dimostrazione di una sua spontanea e precoce curiosità nei confronti del grafismo.

Come non esiste una data assoluta entro la quale sia necessario sapere scrivere, tanto meno può esistere una data prestabilita di inizio del processo che porterà all’acquisizione della scrittura. Si tratta, infatti, di un’evoluzione soggettiva, determinata anche dal contesto familiare in cui il bambino è inserito.

Partendo dal presupposto, ormai generalmente condiviso, secondo cui è sempre opportuno assecondare l’istinto alla scoperta e alla comprensione, è possibile affermare come un sano e corretto approccio al pre-grafismo non possa che rivelarsi positivo, purché non venga imposto, in alcun modo, dall’esterno.

Scrittura e lettura: il gioco dell’imitazione

Fino ai 7 anni, il bambino si relaziona con se stesso e con gli altri secondo la prospettiva dell’imitazione. Prendendo esempio dalle azioni altrui (soprattutto degli adulti), le rielaborerà, trasformandole poi nella sua personale gestualità.

Non è raro, dunque, imbattersi in bambini che, sollecitati al disegno, al suono e alla narrazione (anche sotto forma di lettura ad alta voce), dimostrino uno spiccato interesse nei confronti della scrittura già prima dei 5-6 anni.

Un tale interesse non può e non deve essere ostacolato, bensì andrà assecondato, controllato e guidato.
Secondo i pedagogisti, è necessario seguirne la naturale evoluzione, affiancando il bambino nella graduale scoperta delle lettere.

Forzare questa fase, accelerando i tempi, sarebbe contro-produttivo e non farebbe altro che suscitare sentimenti negativi nei confronti dell’alfabetizzazione.

È opportuno, perciò, evitare di sollecitare esageratamente il bambino, suggerendo concetti che siano alla sua portata e che possano essere da lui compresi facilmente.

Per agevolare l’apprendimento, ancora una volta, si rivela utile sfruttare la modalità ludico-ricreativa. Nella fase di pre-grafismo è buona norma, infatti, favorire la manualità fine (ovvero la gestualità di precisione) più che pretendere forme di grafismo puro, “da quaderno”.

Meglio concentrarsi, dunque, sulla corretta impugnatura della matita e favorire l’aspetto tattile e sonoro delle lettere, studiandole nelle loro forme e nella loro fonetica.

Sì, dunque, a un moderato e adeguato pre-grafismo che lasci massima libertà e sia vissute come un divertente gioco di scoperta.

Un valido consiglio per i genitori di precoci divoratori di libri e di piccoli amanuensi in erba è quello di lasciare fare, suggerendo e correggendo senza impartire lezioni astratte, ma concretizzando, piuttosto, l’alfabeto in rette e linee con le quali il bambino dovrà prendere massima dimestichezza, prima di cominciare davvero a scrivere.

Possibili ripercussioni negative del pre-grafismo

È assolutamente necessario, in ogni caso, evitare di forzare il bambino ad approcciarsi prematuramente alla scrittura e, anche qualora sia il piccolo stesso a dimostrare un forte interesse nei confronti delle lettere, è consigliabile cercare di mantenersi sempre entro l’ambito ristretto del pre-grafismo, senza eccedere mai oltre.

Il grafismo e l’alfabetizzazione veri e propri verranno impartiti durante il primo anno di elementari, secondo fasi e metodologie pedagogiche specifiche.

Imporre al bambino molto piccolo attività complesse di scrittura, non gradite o che possano rivelarsi di scarso interesse ai suoi occhi, potrebbe, infatti, generare effetti di rifiuto emotivo nei confronti della scrittura e provocare inutili ansie da prestazione.

In conclusione, i genitori dovrebbero assecondare l’approccio alla scrittura del figlio, a qualsiasi età ne dimostri l’interesse; tuttavia, tale approccio dovrà essere sempre moderato, adeguato alle sue capacità e, soprattutto, nel rispetto del principio fondamentale del “tutto è gioco”.

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