Come e da che età insegnare l’alfabeto ai bambini?

Imparare a leggere e scrivere è un po’ come iniziare a camminare: si tratta di un istinto naturale che contraddistingue l’evoluzione di ciascun bambino. È dunque pressoché impossibile individuare un’età precisa, valida in assoluto, in cui sia più opportuno approcciarvisi.

Se, da un lato, è vero che il processo della letto-scrittura venga generalmente acquisito entro il termine della prima elementare, dall’altro è lecito domandarsi quando sia giusto e più opportuno che il bambino vi si avvicini per la prima volta.

L’idea che il compito spetti esclusivamente alla scuola è stata, da tempo, superata; tuttavia, alcuni si dichiarano contrari a un approccio precoce al grafismo, sostenendo, ad esempio, come impugnare la matita prima dei 4 anni possa risultare rischioso per la definizione osseo-scheletrica.

In verità, oggi, pedagogisti, insegnanti e la maggior parte delle stesse famiglie tendono ad assecondare e lasciare libero sfogo alla curiosità del bambino, al di là di ogni soglia anagrafica.

Secondo la più che autorevole voce di Maria Montessori, infatti, già verso i 2-3 anni, il bambino sentirebbe l’impulso a imitare il gesto dell’adulto che legge e che scrive. Per nessuna ragione al mondo questa fase va ostacolata, trattandosi di un istinto fatto di curiosità, razionalità e manualità: tre principi su cui si fonda la crescita psico-fisica del bambino.

Come approcciarsi al grafismo

La scrittura è la trasposizione grafica di un insieme di suoni che contraddistinguono convenzionalmente un oggetto, un soggetto o uno stato d’animo.

A livello pedagogico, rappresenta una delle prime forme di relazione con l’altro e con la realtà.

Già all’età di 2 o 3 anni, il bambino può sentire l’impulso alla scrittura e alla lettura, sia a livello concettuale che a livello gestuale. Il riconoscimento e la riproduzione scritta delle prime lettere rappresentano, infatti, strumenti per lo sviluppo, dapprima della motricità fine e della comprensione della fonologia e, successivamente, del grafismo.

Si rivelano, dunque, un modo per definire quel mondo di cui il bambino è alla scoperta, esattamente come il disegno.

Il trucco, come sempre, è trasformare l’apprendimento in gioco, momento ludico da condividere non solo con le maestre, ma anche con genitori, fratelli, sorelle e nonni.

Le fasi del pre-grafismo

Secondo la pratica montessoriana, esistono tre fasi precise che conducono al riconoscimento effettivo dell’alfabeto e dei suoi segni.

La prima fase permette di sviluppare la motricità delle dita del bambino, coordinando la manualità con la vista e facendogli prendere dimestichezza con gli strumenti della scrittura.
Inizialmente tratteggerà scarabocchi e linee aperte, ma, in breve, guidato dall’adulto, inizierà a riconoscere alcune forme, collegandole poi a suoni specifici.

Di solito si comincia con le iniziali delle parole, interpretate ancora come fonemi composti (col suono “ca”, molti bambini intendono la “c”, iniziale di “casa”).

La seconda fase: toccare l’alfabeto con mano

Affinché ciò che è astratto possa essere compreso dal bambino, è necessario che sia trasformato in qualcosa di concreto.

Oltre che dal suono, la comprensione dell’alfabeto passerà, dunque, anche attraverso una fase tattile. Attraverso la manipolazione fisica della lettere sarà più facile comprendere come il singolo suono (e, dunque, ciascuna lettera) contribuisca alla formazione della parola.

Gradualmente potranno essere inseriti, nella routine del gioco quotidiano, forme e sagome a forma di lettera o alfabeti magnetici: ciò contribuirà a rendere più divertente il momento dell’apprendimento e, allo stesso tempo, agevolerà la memorizzazione dei contorni di ciascuna lettera.

È necessario cominciare con un numero limitato, lasciando al bambino il tempo necessario per prendere confidenza con ciascun simbolo, aiutandolo a collegare il suono alla forma corretta e viceversa.

Una volta che il bambino sarà in grado di riconoscere un certo numero di lettere, gli si potrà suggerire un assemblaggio più complesso, portandolo, passo dopo passo, alla costruzione della parola.

Terza fase: la manualità

Durante la terza e ultima fase, quella del vero e proprio pre-grafismo, è fondamentale che il bambino impari, prima di tutto, a gestire la forza della presa e a maneggiare correttamente gli strumenti di scrittura.

Dopo aver controllato e direzionato il pensiero, è necessario istruire anche il corpo, abituandolo fin da subito, ad esempio, alla corretta impugnatura e pressione dello strumento di scrittura.

Per agevolare questa acquisizione pratica viene talvolta suggerito l’uso delle matite triangolari o di piccoli anelli in silicone da applicare alle dita.

Infine, il bambino, che ormai avrà imparato a riconoscere visivamente la forma delle lettere, dovrà iniziare a copiarle, riproducendole sul foglio.

È fondamentale impostare un approccio molto lento, che trasformi gradualmente il disegno casuale in linea più definita, rispettando bordi, dimensioni e direzioni. Le cornicette geometriche servono proprio a prendere dimestichezza col ritmo preciso della scrittura e il medesimo scopo hanno le schede e i libri di pre-grafismo che propongono attività di tratteggio.


Unendo l’istinto creativo al corretto suggerimento pedagogico impartito dall’adulto, non sarà difficile che, già verso i 4 o 5 anni, il bambino sia in grado si scrivere il proprio nome o altre semplici parole e di leggere monosillabi e bisillabi.

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