La obbligano a fare il test di gravidanza: è incinta e viene licenziata

La ditta di servizi di pulizia, attiva nella zona del Nuorese, sostiene che la giovane lavoratrice di vent'anni non è in grado di adempiere ai compiti per cui era stata reclutata. La Cgil ha risposto fermamente a tale affermazione: "Questi tipi di abusi sono inammissibili".

23 febbraio 2023.

Una ragazza di vent’anni è stata obbligata ad effettuare un test di gravidanza, per escluderne una in corso.

La vicenda, oggetto di esame da parte dell’Ispettorato territoriale del lavoro di Nuoro, della Asl nuorese e dell’Inps, si svolge in una ditta di servizi di pulizia operante in una zona industriale del Nuorese.

La ragazza, assunta il 15 novembre con un contratto a tempo indeterminato e part-time, si trova a fronteggiare una richiesta inusuale e moralmente discutibile da parte della sua datrice di lavoro.

L’obbligo a fare il test di gravidanza

Il conflitto inizia quando, durante il periodo di prova, alla giovane viene consegnato un test di gravidanza dalla sua datrice di lavoro.

L’episodio, avvenuto a dicembre e in presenza di due colleghi maschi, pone la lavoratrice in una situazione di grande disagio: le viene richiesto di effettuare il test di gravidanza nel bagno dell’azienda, con l’implicita minaccia di un licenziamento immediato in caso di rifiuto.

Nonostante il test desse esito negativo, la pressione esercitata sulla giovane lavoratrice solleva serie preoccupazioni sul rispetto della privacy e dei diritti dei lavoratori.

La situazione si aggrava quando, a gennaio, la ragazza scopre di essere incinta a seguito di continue nausee che la portano a consultare un ginecologo presso il consultorio della Asl di Nuoro.

Dopo l’accertamento della gravidanza, le viene prescritta un’astensione anticipata dal lavoro per gravidanza a rischio, che dura da metà gennaio a fine febbraio.

Nonostante la comunicazione dello stato di gravidanza all’Inps e alla datrice di lavoro attraverso il patronato Inca Cgil, la lavoratrice si ritrova senza la mensilità di gennaio e, successivamente, viene informata del suo licenziamento per giusta causa tramite un messaggio di WhatsApp.

La ditta giustifica il licenziamento sostenendo che la gravidanza rappresenti un ostacolo insormontabile per le mansioni richieste dal ruolo della lavoratrice, accusandola inoltre di mala fede per non aver dichiarato la sua condizione.

Questa accusa si scontra però con la posizione della Cgil, che impugna il licenziamento considerandolo nullo per assenza di una lettera formale e richiede il reintegro immediato della giovane.

La segretaria generale della Filcams Cgil, Domenica Muravera, descrive il comportamento della datrice di lavoro come inaccettabile e sottolinea la vulnerabilità della giovane lavoratrice, che, per paura di perdere il lavoro e per mancanza di conoscenza dei propri diritti, si era piegata a una richiesta illegittima.

Questo caso non solo evidenzia la necessità di una maggiore protezione legale per le lavoratrici incinte ma anche di una cultura aziendale che rispetti la dignità e i diritti fondamentali dei lavoratori, indipendentemente dal genere o dalla condizione personale.

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