Con il termine “bonding” si indica comunemente quel processo attraverso il quale il neonato si lega alla madre, sia fisicamente che tramite il contatto fisico.

Il periodo del “bonding” definisce il rapporto madre-bambino, che sarà poi la base sulla quale il piccolo costruirà i futuri rapporti umani: proprio per questo, è di fondamentale importanza conoscerlo e affrontarlo nel modo giusto.

Il “bonding” avviene nel momento immediatamente successivo alla nascita, forse il più importante, ma prosegue almeno fino al primo anno di età ed è, per certi versi, paragonabile al più noto imprinting degli animali.

Il legame madre-figlio

Il legame madre-figlio comincia in realtà già nella fase perinatale, che parte dalla ventottesima settimana di gravidanza e prosegue fino a 28 giorni dopo la nascita del bimbo, ma è il momento immediatamente dopo il parto quello che, secondo gli studi, genererebbe maggiori benefici al piccolo: per questo motivo sempre più ospedali incoraggiano il contatto diretto tra il bimbo e la madre  e il padre già dai primi momenti, invitando i neogenitori a stringere il bimbo a sé, abbracciarlo e allattarlo da 10 minuti a un’ora o più, evitando dunque di spedirlo direttamente alla nursery.

Nel caso in cui la madre abbia dovuto affrontare un cesareo, o sia troppo stanca per prendersi subito cura del piccolo, il papà può tranquillamente infondere al piccolo tutto il calore e la sicurezza necessari, avendo cura di spogliarsi a torso nudo per favorire il contatto pelle a pelle con il bebè. 

In bimbo infatti è già vigile e dotato di tutti i sensi: in media la vista di un neonato non gli permette di vedere oltre i 30 cm di distanza e questo lo aiuta a focalizzarsi, per esempio, sul viso di chi lo tiene in braccio.

Questa pratica permette al neonato di percepire la presenza del genitore e di sincronizzare i propri ritmi corporei.

L’importanza della sincronizzazione dei bioritmi

La sincronizzazione dei bioritmi di mamma e bambino inoltre aiuta il neonato a termoregolarsi (il piccolo non ne è ancora in grado e la temperatura della madre risulta ideale per aiutarlo a mantenere la propria) e infonde ad entrambi un senso di sicurezza e “cessato pericolo”. 

Messo a contatto con la pelle materna subito dopo la nascita, inoltre, il bimbo risulta meno esposto a stress, disturbi del sonno e problemi della crescita, come nuovi studi stanno evidenziando.

Da un punto di vista puramente biologico, infatti, il venire a contatto dei due corpi indica ad entrambi che il parto è andato a buon fine e questo riduce naturalmente il livelli di ACTH e cortisolo presenti nel sangue di madre e bambino.

ACTH e cortisolo, conosciuti comunemente come “ormoni dello stress“, vengono infatti prodotti in grande quantità durante parto e travaglio, ma il prendere in braccio il proprio bimbo appena nato li riduce fungendo da segnale di stop per il corpo che inizia invece a produrre ossitocina, conosciuta come ormone dell’amore.

Anche se sempre più studi stanno dimostrando l’efficacia di questa pratica garantire il benessere del piccolo, non bisogna assolutamente preoccuparsi se, per svariati motivi, diventa impossibile stabilire da subito il contatto. I primi momenti sono sì importanti, ma segnano solo l’inizio di un lungo percorso per imparare a conoscersi e ad amarsi e per questo motivo non valgono più delle ore, dei giorni, dei mesi e degli anni che verranno.

Ugualmente, non bisogna allarmarsi se non proviamo fin da subito “amore a prima vista” per il nostro bimbo: i fattori che possono determinare la reazione della mamma al primo impatto con il figlio sono tantissimi (carattere della donna, tipo di travaglio, rapporto con il marito…)  ed è stato verificato che sono necessarie in media più di due settimane prima che una madre inizi ad avere forti sentimenti positivi nei confronti del neonato.

Se però nel corso delle settimane successive continuate a non sentire alcun legame con il piccolo, potrebbe trattarsi di depressione post-partum: è bene allora rivolgersi al vostro medico, che saprà consigliarvi la giusta terapia.

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