Scambio di bambini in culla: un incubo reale

Lo raccontano i film, lo si legge nei romanzi: lo scambio di bebè in ospedale, per un errore di medici e infermiere, è la paura nascosta di ogni genitore. Una coincidenza minima e all’apparenza banale, una nascita avvenuta a pochi minuti di distanza da un’altra, due culle vicine, un errore nell’assegnazione del braccialetto e la vita di intere famiglie può essere sconvolta.

Genitori e bambini, ignare vittime di queste vicende, si trovano senza saperlo a vivere una vita che non è la loro, magari scoprendo la verità a distanza di anni (anche molti) e spesso solo fortuitamente.

Di casi del genere la cronaca ne riporta diversi, a confermare che – purtroppo – in queste situazioni l’errore umano può avere conseguenze decisive.

Risale al 2000, ad esempio, il caso delle due bambine scambiate a Mazara del Vallo e vissute per 3 anni con una famiglia che non era la loro. Il fatto si scopre quando, un giorno, la mamma di una delle due bambine va a prendere la figlia a scuola e la maestra, tratta in inganno dalla straordinaria somiglianza, le consegna un’altra bambina. L’episodio fa scatenare il dubbio nella donna, che era già stata sfiorata dall’idea dello scambio in culla quando – il giorno del parto – aveva assistito alle lamentele di un padre che accusava un’infermiera di aver scambiato il suo bambino. Le famiglie delle due piccole si mettono in contatto, vengono fatte le analisi di rito e l’esito non lascia dubbi: lo scambio c’è stato. Il primario del reparto di pediatria, interrogato sull’accaduto, dà una risposta laconica e disarmante: l’errore fu dovuto al colore delle tutine.

Nel 2015, invece, è arrivata la richiesta di risarcimento di 9 milioni di euro chiesti alla Regione Puglia da una ragazza scambiata in culla nel 1989 all’ospedale di Canosa. Anche in questo caso, la scoperta della verità è avvenuta per caso, sempre grazie a una somiglianza sospetta, emersa da un confronto fra i profili facebook delle due ragazze.

 

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