Bagno dopo mangiato: si può o non si può?

Quella del bagno sì o bagno no dopo pranzo è una questione annosa, rispetto alla quale si intrecciano saggezza popolare, pareri medici e consigli legati al buon senso.

Mamme e nonne ci hanno sempre detto che per tuffarsi occorre aspettare almeno 2 o 3 ore dalla fine del pasto, ma è proprio vero?

La risposta giusta alla domanda è “dipende”.

Fare il bagno o no dopo pranzo?

La scelta se buttarsi in mare comunque oppure aspettare dipende infatti da molti fattori, primo fra tutti da cosa si è mangiato.

Non tutti i pasti sono uguali, e se per digerire un trancio di tonno in zuppa o una lasagna possono servire anche più di 4 ore, d’altra parte è pur vero che digerire un panino vegetariano o un piatto di pasta con un condimento light (no a sughi elaborati) richiede meno delle 2-3 ore canoniche.

Insomma, il consiglio è di stare leggeri e di prestare attenzione agli alcolici, che vanno evitati se vogliamo fare il bagno.

C’è da dire che non esistono test scientifici che stabiliscano con precisione quanto tempo bisogna aspettare, e gli stessi pareri dei medici sono discordanti. Il principio di fondo resta dunque quello di affidarsi al buon senso.

Fra le cose da tenere a mente c’è il fatto di immergersi in acqua gradualmente, perché se – al contrario – l’immersione è troppo rapida si rischia uno shock termico, con possibilità di svenimento in acqua, e la tanto temuta congestione, che in termini medici viene chiamata idrocuzione.

Idrocuzione: cos’è e cosa comporta

Almeno una volta nella vita i nostri genitori ci avranno raccomandato di non fare il bagno al mare o in piscina subito dopo aver mangiato.

Tali indicazioni, per quanto possano esserci sembrate esagerate, sono sempre state rivolte a evitare spiacevoli situazioni che, oggi giorno, hanno un fondamento scientifico che porta il nome di sindrome da Idrocuzione, anche definita come “sincope da immersione rapida in acqua“, specialmente se questa è fredda.

Il meccanismo “patogenetico” dell’idrocuzione è dovuto alla contrazione dei vasi sanguigni, che provoca una serie di riflessi nel tronco dell’encefalo, influenzando sia i centri di controllo del cuore che quelli della respirazione (“arresto cardiorespiratorio”).

Se poi i “centri bulbari” non sono stati gravemente compromessi, l’arresto circolatorio e la diminuzione dell’ossigeno nel cervello potrebbe comunque provocare svenimenti, con la catastrofica conseguenza di poter annegare se non vi è nessuno nei paraggi a prestare soccorso.

Sindrome da idrocuzione: i motivi per cui avviene

Come abbiamo detto in precedenza, la sindrome da idrocuzione non è molto conosciuta, specialmente tra i bimbi e i ragazzi, o perlomeno non lo sono i suoi effetti e il perché essa si innesca.

Per spiegarlo in parole più semplici, è opportuno ricordare che se trascorriamo ore intere sotto al sole rovente e abbiamo mangiato cibi sostanziosi, è fondamentale non entrare immediatamente in acqua, evitando specialmente i tuffi o qualsiasi altra attività fisica.

La temperatura corporea di un individuo, solitamente, si aggira intorno ai 37 gradi, mentre l’acqua di mari, laghi, fiumi o piscine non arriva a superare i 18 o 20 gradi.

In quest’ottica, dunque, è facile comprendere che entrare subito in acqua costituisce un rischio per la salute e lo è per una serie di motivi specifici.

  • Per prima cosa, durante la digestione il sangue arriva all’intestino a scapito dei muscoli e ciò potrebbe portare a crampi che risulterebbero essere seriamente rischiosi per chi va a nuotare al largo.
  • In secondo luogo, se l’immersione in acqua avviene troppo rapidamente si rischia uno shock termico, con conseguenti svenimenti e congestioni.
  • Infine, svenire in acqua, specie se non ci sono persone nei dintorni che possono prestare soccorso nell’immediato, significa rischiare seriamente di annegare.

Quali sono i sintomi dell’idrocuzione e come prevenirla

Saper riconoscere tempestivamente i sintomi relativi alla sindrome di idrocuzione, in molti casi, può contribuire ad avere salva la vita.

Tale fenomeno può presentarsi anche in maniera totalmente asintomatica, così come si possono avvertire: fischi alle orecchie, senso di nausea e affaticamento, freddo improvviso e una minore capacità di vedere e mettere a fuoco le immagini.

Tutto ciò può essere evitato con una buona dose di buon senso.

Nessuno, infatti, può ancora stabilire se attendere due o tre ore dalla fine del pasto per immergersi in acqua sia sufficiente o meno.
Questo dipende dal tipo di cibo ingerito, quindi se si tratta di alimenti piuttosto calorici o meno.

Il consiglio è quello di non esagerare troppo, sfruttare la pausa pranzo per consumare cibi leggeri ed evitare il più possibile gli alcolici, dopodiché, quando saranno passate almeno due ore dal pasto, ci si potrà immergere in acqua, ricordandosi però di farlo gradualmente.

Prima di buttarci, allora, valutiamo la temperatura dell’acqua e quella del nostro corpo: se siamo accaldati e l’acqua è troppo fredda, meglio aspettare, o bagnarsi poco alla volta, cosicché il corpo si abitui.

Altra regola da ricordare è che a stomaco pieno qualsiasi attività fisica è sconsigliata, compresi il nuoto e i tuffi.

Durante la digestione il sangue affluisce verso l’intestino, a scapito dei muscoli, e se pur è vero che in realtà il nostro organismo sa garantire in simultanea la funzione digestiva e quella motoria, il rischio crampi muscolari non è escluso (e se stiamo nuotando al largo può diventare un problema serio).

Ma poi, perché andare al mare subito dopo mangiato?

Se sappiamo già di aver fatto un pasto pesante e di dover attendere qualche ora, meglio aspettare a casa o riposarci all’ombra in pineta, piuttosto che rischiare un colpo di calore stesi sotto il sole cocente.

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