Tornare al lavoro 12 giorni dopo il parto: la storia di una mamma americana

Rebecca è appena diventata mamma. La felicità di questo momento però è attenuata dalla difficile situazione in cui si trova. Perché Rebecca è una mamma americana e negli Stati Uniti praticamente non esiste il congedo di maternità retribuito.

Deve tornare al lavoro a 12 giorni dal parto: la storia di Rebecca

Rebecca è una giovane madre americana di 26 anni. Si è vista costretta a tornare al lavoro soli 12 giorni dal parto, quando ha dato alla luce la sua bambina, Eden, nata prematura a soli 27 settimane di gravidanza.

Questo racconto non è solo la storia di una donna che affronta la realtà della maternità in America, dove il congedo di maternità non è retribuito, ma è anche una testimonianza del potere della solidarietà nell’era dei social media.

In un video su TikTok, Rebecca mostra il suo strazio: la piccola è nata prematura e quindi dovrà restare ancora un po’ in terapia intensiva. Rebecca deve quindi di tornare al lavoro a soli 12 giorni dal parto, per poter poi stare con lei quei pochi giorni che le rimangono di congedo quando la piccola sarà dimessa. Alla fine scrive: “This is America” (ndr. “questa è l’America”).

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La denuncia di Rebecca e la gara di solidarietà

Il suo video, un mix di disperazione e denuncia di questa amara realtà americana, diventa virale, catturando l’attenzione e il sostegno della community: in poco tempo in molti si mobilitano per offrirle aiuto economico, così potrà prendersi cura della bimba senza il peso di dover tornare immediatamente al lavoro.

Così, pochi mesi dopo, Rebecca pubblica un altro video per ringraziare tutti coloro che le hanno inviato parole di sostegno e aiuto economico.

@edensmomma10_12 The POWER of TikTok!! Thank you all so very much, and thank you @elvieofficial for sending me these wonderful pumps! So excited to have the freedom to get things done while providing for my Eden 💕🥰 #nicu #preemie #elvie #breastmilk #pumping #momtok #fedisbest #Eden ♬ original sound – Rabs

Il sostegno ricevuto da Rebecca non è un evento isolato, ma riflette una tendenza più ampia verso l’empatia e l’azione collettiva online. È un promemoria potente di come, anche nei momenti di maggiore vulnerabilità, la solidarietà possa emergere in forme inaspettate, offrendo sostegno e conforto. Mentre il racconto di Rebecca sottolinea le sfide persistenti per le madri lavoratrici in tutto il mondo, mette anche in evidenza il potenziale delle forze positive di cambiamento sociale.

Niente congedi di maternità retribuiti per le mamme americane

Il problema negli Stati Uniti per le neomamme è che le spese sanitarie costano molto e i congedi di maternità non sono retribuiti (tranne in rari casi per policy aziendale): Rebecca è quindi dilaniata tra il bisogno di guadagnare uno stipendio per pagare le spese mediche e il desiderio profondo di stare accanto alla sua piccola, ancora ricoverata in terapia intensiva neonatale.

LEGGI ANCHE: Le nuove raccomandazioni dell’OMS per il benessere di mamma e bambino nel post parto

La storia di Rebecca non è un’eccezione ma la regola negli Stati Uniti: un quarto delle donne si trova costretta a riprendere il lavoro solamente due settimane dopo aver partorito. Questa realtà si scontra con le raccomandazioni dell’American College of Obstetricians and Gynecologists, che suggerisce un periodo di riposo post-parto di almeno sei settimane per garantire il benessere fisico e emotivo della madre.

Il congedo di maternità nel mondo e la situazione delle mamme lavoratrici

La mancanza di un sistema di congedo parentale retribuito negli Stati Uniti colloca questo paese avanzato in una posizione alquanto particolare. Al di qua dell’Atlantico, la situazione è molto diversa, anche se non sempre rosea per le mamme lavoratrici.

In Italia, per esempio, si registra il tasso di occupazione femminile più basso d’Europa, con solo il 57,3% delle donne impiegate, secondo i dati del 2020 forniti da Eurostat. Questo dato pone l’Italia dietro ad altre nazioni europee come la Grecia e la Spagna, che mostrano percentuali di occupazione femminile rispettivamente del 61,3% e del 66,2%.

Per quanto riguarda i congedi di maternità, in Europa effettivamente si vive meglio rispetto agli USA: secondo i dati OCSE sui congedi parentali, paesi come Spagna, Finlandia, Norvegia, Portogallo, Estonia e Francia sono all’avanguardia per quanto riguarda la presa in carico dei neogenitori da parte dello Stato, tramite congedi di maternità, paternità e congedi parentali retribuiti.

Un discorso simile però andrebbe fatto per le mamme lavoratrici autonome, che spesso e volentieri non hanno accesso a forme di previdenza per la maternità.

Fonte: Dati OCSE sui congedi parentali

Queste differenze abissali mettono in luce non solo le difficoltà incontrate da molte donne nel conciliare maternità e lavoro, ma anche la mancanza di un sistema di supporto istituzionale adeguato negli Stati Uniti, unico tra i Paesi industrializzati a non garantire un congedo parentale retribuito. Il caso di Rebecca risveglia l’attenzione su un problema globale: la sfida della maternità nel mondo del lavoro e le disuguaglianze che persistono nel terzo millennio.

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