La Sindrome di Marfan è una patologia che colpisce il tessuto connettivo.
Più precisamente, è la conseguenza alla mutazione del gene FBN1, posizionato sul cromosoma 15, responsabile della fibrillina1, essenziale per le fibre elastiche del tessuto connettivo.

La patologia di Marfan risulta essere molto grave in quanto può colpire potenzialmente in tutto il nostro corpo. In alcuni individui è talmente grave da mettere e repentaglio la vita, in altri è talmente lieve da passare inosservata.

La malattia, tuttavia, tende a manifestarsi con maggior frequenza agli occhi, scheletro, polmoni e al cervello. Alla nascita è molto raro che la malattia venga diagnosticata, un campanello d’allarme potrebbe essere un forte miopia o in casi particolarmente gravi il distacco della retina. Crescendo invece la malattia diventa visibile a causa di uno dei sintomi principali: una crescita scheletrica superiore alla norma che produce nell’infante un’elevata statura.

In genere si sottopongono i neonati a controllo quando si sia già verificato un caso in famiglia, attraverso il test del DNA.
In presenza di un sospetto di carattere clinico si può precedere a un esame multi specialistico che permette di controllare la presenza di questa tipologia in tutti gli organi.

Non esiste alcuna cura definitiva, per cui il trattamento è attuo ad impedire e tenere sotto controllo le possibili complicanze.
La prospettiva di vita, per chi è affetto dalla Sindrome di Marfan, è migliorata rispetto a molti anni fa.
Infatti negli anni passati, chi ne era affetto raramente superava i quarant’anni; oggi, grazie alle nuove tecniche di chirurgia, i pazienti riescono tranquillamente a superare i settant’anni.
E’ comunque necessario un continuo monitoraggio della situazione, che permetta di intervenire tempestivamente in caso di criticità.

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