Il centro estivo pone limitazioni a una bimba disabile: i familiari si sentono discriminati

Marta, bimba disabile con gravi deficit psico motori dovrà terminare in anticipo le sue vacanze al centro estivo. Le sono state accordate soltanto cinque settimane rispetto alle otto richieste ai servizi sociali. La madre accusa le istituzioni di non aver creato una coscienza collettiva riguardo la disabilità. Il problema resta del singolo e della sua famiglia.

In estate Marta desidera giocare come tutti gli altri bambini

Lo sfogo di una mamma di Mestre, Erendira Ferruzzi, arriva ai giornali dopo l’ennesima difficoltà riscontrata nel ricevere aiuto dalle istituzioni per sua figlia disabile. Marta, 5 anni, affetta da gravi disturbi psico-motori, potrà andare al centro estivo soltanto per cinque settimane rispetto alle otto richieste all’assistenza sociale. Eppure la legge 104 del 1992 si impegna a garantire assistenza e flessibilità alle persone colpite da handicap grave, un aiuto spesso solo teorico perché poi sempre più spesso mancano le strutture, i mezzi e il personale adeguato.

Lo Stato non sensibilizza a sufficienza sul problema della disabilità

Sarà difficile spiegare a Marta, afferma la signora Ferruzzi, come mai i suoi fratelli possono andare al centro estivo e lei no, oltre alle numerose difficoltà che comporterà tenere la bimba in casa cercando di conciliare le sue esigenze con quelle lavorative della famiglia.

Inoltre le cooperative sociali non nascono con l’intento di semplice custodia dei bambini in difficoltà, la loro missione dovrebbe essere quella di garantire l’incremento delle interazioni sociali e l’abbattimento dei pregiudizi, ma in molti centri del nostro Paese siamo ancora lontani da simili obiettivi.

La legge 328/2000 o il nuovo Ministero della Disabilità, diventano incentivi vuoti se non supportati da atteggiamenti concreti di sussistenza sociale ed economica. Come spiega la madre della piccola Marta a tante etichette non seguono altrettanti provvedimenti, facendo sentire i disabili e i familiari ancora più discriminati. La cultura dell’inclusione dovrebbe mostrare alla società come affrontare i problemi del singolo e tramutarli in occasione di crescita, invece di affidare ogni iniziativa alle singole famiglie disagiate. Marta non avrà l’occasione di trascorrere l’estate al centro estivo, ma la società ha perso una grande opportunità di diventare più umana.

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