Quando ti alzi nella notte, prendi il piccolo, lo cambi e lasci dormire tua moglie. Fai avanti e indietro per il salotto, osservi l’orologio dello stereo: le due di mattina, le tre.

Quando prendi in braccio tuo figlio, ti lasci sbavare mentre lo culli, con una mano lo sorreggi, con l’altra lo accarezzi mentre improvvisi canzoni con parole rubate alla memoria.

Quando gli fai il bagno, metti nell’acqua il termometro a forma di pinguino per controllare la temperatura, poi intingi il gomito, perché non si sa mai, perché la tua pelle è un termometro migliore.

Quando gli tieni con la tua grande mano minuscole dita paffute, lo esorti: “Dai, un altro passetto!”
Lo rialzi da un’altra caduta, gli dai un bacio sulla gamba, gli passi dell’acqua fresca, e gli metti un cerotto che salterà via dopo pochi minuti.

Quando lo prendi sulle ginocchia, lo fai saltellare al trotto e al galoppo. Oppure sulle spalle, in giro per la casa o per la città. Nello zaino per ripide salite in montagna, e poi accovacciati a raccogliere pigne nel bosco, sassi sul lungo mare.
Prendi gli avanzi della scodella, mangi i suoi morsi rimasti di pane.

Quando piange ancora, dai il cambio a sua madre, lo porti fuori, in macchina, a piedi, gli mostri le luminarie di dicembre, i fiori di marzo. Lo spingi sull’altalena accompagnando ogni oscillazione con un Ohhh! E gli ridi addosso. Lo vegli nei suoi gemiti di febbre, lo vesti per andare all’asilo, lo sgridi per un capriccio e lo stringi per una paura. Lo serri tra le braccia e in un attimo diventi una conchiglia sicura.

Non stai facendo cose straordinarie.
È figlio anche tuo, quel bambino: stai facendo ciò che è tuo dovere fare.

Ma lasci le pantofole accanto al letto, strisci per la casa in silenzio nella notte. Non sei intonato e non ti piace cantare, eppure canti. Sei stanco e hai la testa piena di pensieri, però t’inginocchi e, mentre lo lavi, muovi papere di gomma nell’acqua per divertirlo. Vorresti svaccarti sul divano, e invece ti rivesti e galoppi per il mondo. E quei tozzi di pane sbausciati: non è che ti facciano gola, però te li mangi.

Quando fai tutto questo… non stai facendo cose straordinarie. È figlio anche tuo, quel bambino.
Ma tu fai tutte queste cose con una vita intera, dentro. Senza vergogna, senza riserve, senza conteggi.
E le rendi straordinarie.

 

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