Gravidanza condivisa per una coppia omosessuale: due donne ricorrono a una nuova tecnica di fecondazione

In Texas (USA) due donne hanno fatto ricorso a una nuova tecnica di fecondazione in vitro, sperimentando quella che è stata la prima “gravidanza condivisa” per una coppia omosessuale: le donne sono mamme da cinque mesi anche se le probabilità di riuscita della procedura restano basse.

Il primo caso di gravidanza condivisa

Una coppia di donne, rispettivamente di 37 e 29 anni, ha sperimentato per la prima volta, in Texas (USA), una tecnica che mediante il trasferimento embrionale le ha portate a condividere la gravidanza.

La storia di Bliss e Ashleigh Coulter, da tempo sposate e desiderose di avere un bambino, non rappresenta il classico caso delle famiglie arcobaleno dato che si tratta della prima volta in cui una “gravidanza condivisa” viene portata avanti con successo da entrambe e nonostante le scarse probabilità di riuscita documentate in casi simili.

Dal momento che la 37enne Bliss non si sentiva in grado di completare una gestazione per via dell’età, è stata la sua compagna Ashleigh a portarlo in grembo: e da cinque mesi, grazie alla Reciprocal Effortless Ivf, una tecnica di fecondazione in vitro sperimentata presso una clinica texana, sono diventate mamme del piccolo Stetson.

La tecnica mediante il trasferimento embrionale

Stando a quanto riferiscono i media di oltreoceano, infatti, Bliss avrebbe fatto da “incubatrice” dell’embrione solo per le prime settimane, prima che questo fosse trasferito nell’utero della sua compagna.

In realtà, a livello scientifico la vera novità è che stavolta a sottoporsi alla procedura è stata una coppia lesbica e gli esiti positivi lasciano intendere che in futuro questa strada potrebbe essere percorsa da altre donne.

In questo caso però non c’è stata una semplice donazione di sperma che avrebbe fatto sperimentare la gravidanza solo a una delle due donne: una partner ha infatti favorito la fecondazione degli ovuli con lo sperma di un donatore, affidando poi gli embrioni all’altra in modo che portasse a compimento la gravidanza e garantendo così a entrambe un ruolo “attivo”.

Il loro, tuttavia, rappresenta al momento un caso isolato dato che la procedura denota ancora percentuali di riuscita abbastanza basse.

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