Il primo compleanno di una mamma

Prepara una torta soffice, che non sfidi i minuscoli, quattro dentini del piccolo. Mentre cuoce la guarda lievitare: il profumo si mescola all’impazienza.

Ha passato la mattina a fare commissioni. Cercava la scusa della parola, alle cassiere confidava “Oggi è il suo compleanno, oggi è il suo compleanno!”, e lo mostrava come un trofeo, con orgoglio vivace, gli occhi luccicanti.
Ha comprato un mucchio di regali: molti smetteranno la loro magia dopo pochi istanti, di altri suo figlio preferirà, probabilmente, la carta, il nastro, strappare tutto, giocare coi rumori. Ha invitato i nonni, gli zii, gli amici. Gonfiato una dozzina di palloni e sparso in salotto festoni che recitano Happy Birthday!
Vorrebbe fare di più, vorrebbe tutto, vorrebbe una festa che somigli al miracolo, per il primo compleanno di Andrea.

Quando i primi ospiti arrivano la casa si riempie di suoni, mani porgono altri pacchetti, braccia lo prendono, lo baciano, lo strapazzano: “Auguri!”
Il piccolo non capisce, sta lì in mezzo al fermento, forse gli basterebbe sua mamma. Un po’ frigna, sopraffatto, un po’ ride a quel giochetto coi suoni della fattoria che si regala sempre al primo compleanno.
C’è un via vai di chiacchiere, uno stormo di foto e di flash, poi tutti addosso al buffet. Lui sta in braccio a sua madre, pasticcia con le briciole di torta, ciuccia un lembo del tovagliolino rosso, poi beve dal becco di un bicchiere di plastica.

Lei è bellissima: è stanca, vorrebbe dormire di più, vorrebbe smettere quei reggiseni da poppate senza sosta, ma oggi è meravigliosa. Ha sistemato i capelli e per una volta li ha lasciati sciolti, chi se ne frega se Andrea li prende in una mano, li stritola e per un attimo quasi li strappa. Se va a cercare il pendaglio degli orecchini lunghi, si appende alla loro novità, gira le perle della collana tra le dita paffute.
Ha ancora i fianchi larghi, non ha tempo per la palestra, ma si è comprata un vestito, ne ha provati almeno sei, poi si è scelta uno scamiciato che forse sembra ancora incinta, però non le dispiace. Ché, in fondo, va bene anche ricordare quel pancione, senza il quale non ci sarebbe lui. Non ci sarebbe questo giorno.
“Stai benissimo!” qualcuno sbuca dal fervore generale, le dedica un attimo di protagonismo.
È una giornata pazzesca. Quasi non sembra possa starci tutta dentro un appartamento.

Poi gli invitati vanno. Restano avanzi di torta, bicchieri usati, bottiglie senza tappo. Carte da buttare, giochi da riordinare. Un brivido lento, un pizzico di nostalgia si accoda all’eccitazione.
Suo marito la ritrova, la sera, dopo aver sistemato le stoviglie. È seduta sul divano, allatta il piccolo.
Si siede accanto a lei: “È stata una bella festa, che emozione!”

Lei è come svuotata. Felice ma svuotata.
“Che c’è?”
Pensa. Ha pensato e sorriso tutto il giorno. Ogni ora guardava l’orologio: in questo momento, un anno fa, stavano iniziando le contrazioni. In questo momento eravamo in macchina verso l’ospedale. A quest’ora cominciavo a spingere. In questo istante esatto la sua testa sbucava nel mondo. Questa casa era spenta, noi lontanissimi.

Ha bisogno di ricordare, non può farne a meno: è la vertigine per un tempo così denso, serve a nuotare nel miracolo.
Non è amarezza: è che una madre non ha più confini. Tra la gioia e il dolore, la nostalgia e l’attesa, lo stupore e l’abitudine, la fatica e l’entusiasmo, suo figlio e lei.

Perché oggi è il compleanno di Andrea, ma è anche l’anniversario di una madre.

 

2 commenti

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  1. Non so perché…mi si stringe un nodo in gola…è un post bellissimo, ma mi ha invasa un senso di solitudine profonda…dolce ma triste…quel primo anno che se ne va…non so spiegarti e spiegarmi cosa è venuto a galla leggendolo…

    • La nostalgia… credo sia insita nella maternità, quel continuo prendere, dare, lasciar andare…