Congedo di maternità: cosa cambia con il Jobs Act

Cambiano le regole che disciplinano i congedi riconosciuti ai genitori che lavorano: l’11 giugno scorso il Consiglio dei Ministri ha approvato il decreto legislativo 80/2015, applicativo del Jobs Act, che riguarda i congedi obbligatori di maternità e paternità e il congedo parentale, disciplinati nel d.lgs. 151/2001, il testo unico a tutela e sostegno della maternità e della paternità.

Il decreto, appena entrato in vigore (il 25 giugno), apporta alcune modifiche al congedo di maternità.

Il congedo di maternità, disciplinato dall’art. 16 del d.lgs. 151/2001, riconosce alla madre il diritto a 5 mesi di astensione obbligatoria per il parto: la legge prevede, in via generale, il divieto di lavorare nei due mesi prima della data presunta del parto e nei tre mesi successivi, con eventualmente la possibilità – in assenza di rischi per la madre e per il figlio, certificati da un medico competente del SSN – di fruire un solo mese di congedo prima della nascita e aumentare a 4 i mesi di congedo dopo il parto (art. 20 d.lgs. 151/2001): fino a qui, il decreto legislativo non cambia nulla.

Ora, ed ecco la novità, si prevede la possibilità di sospendere la fruizione del congedo di maternità obbligatorio nel caso di ricovero del neonato (art. 16 bis d.lgs. 151/2001): qualora il bambino sia ricoverato, la donna può decidere di sospendere il congedo e riprenderlo una volta che il piccolo sia dimesso; il diritto può essere esercitato una sola volta e rappresenta una grossa novità rispetto alla normativa previgente che, invece, obbligava la madre a rimanere a casa per tutto il periodo del congedo di maternità, a prescindere dalle condizioni di salute del bambino.

Fra le altre novità, l’indennità di maternità (pari all’80% della retribuzione ordinaria) deve essere riconosciuta anche alle donne che, durante il periodo di congedo, vengono licenziate per colpa grave; alle madri che rimangono senza impiego sia per cessazione dell’attività’ dell’azienda in cui la donna lavora o, nel caso di contratto a termine, per la scadenza o per l’ ultimazione della prestazione concordata.

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