Oggi mi sono svegliata ed ero già stanca. Avevo il mio solito mal di schiena. Le gambe indolenzite. Un po’ di mal di testa. Mi sono svegliata, come avessi cent’anni e fossero le undici di sera.

Capita. Nulla di tragico. Basta l’ennesima notte di sonno discontinuo. Il freddo della settimana. La corsa alla metro del giorno prima. I chili di mia figlia, perennemente, sulla schiena.

Faccio fatica ad aprire gli occhi. Mio marito mi aiuta con un sorriso ed un caffè, ricordandomi che ci sono le feste, la settimana è corta e mi potrò un riposare un pochino.

Alzo la serranda. Mattina fredda e umida.

Ma bisogna uscire. Bisogna farsi forza, bisogna far presto che sennò diventa tardi. E comincia la lotta: Vestiti tu che mi vesto io. Pannolini che non si vuole far cambiare. Body che non si vuole far allacciare. Piumino che non si vuol far chiudere. Mi fiondo in bagno, alla velocità della luce: che poi mi viene il dubbio se mi sia effettivamente lavata o meno. Mi vesto che quasi che non mi accorgo che indosso.

Il tragitto da casa al parco, come ogni giorno, penso sempre alla stessa cosa. Basta, massimo a gennaio va al nido! Penso che sono stanca perché non stacco mai. Penso che dovrei almeno avere il tempo di aprire il secondo cassetto dell’armadio, per ricordarmi che la possibilità di cambiarmi, l’avrei. In teoria.

 Penso che la nostra vita, se io riprendessi in mano almeno le mattine, sarebbe migliore. Io sarei più in forma, avrei più tempo per me. Potrei lavorare meglio ed un po’ di più. Ne guadagnerebbe anche lei, perché io avrei più energie.

Poi, arriviamo al parco. Ci sono le solite mamme, nonne e tate, qualche papà e nonno. Ci sono i soliti bambini. Tutti più o meno della stessa età. Alcuni carini, simpatici. Altri hanno già ereditato un po’ di antipatia dal parentado.

Si chiacchiera tra noi. Tra una caduta ed un’altra. Un’altalena ed un’altra. Un cambio gioco ed un altro. Ci si scambia informazioni. Ci si confronta su chi mangia cosa, su chi dorme quanto. Si sta bene. I bimbi, fino ad un minuto prima, diabolici in casa, ora sono cauti. Statue, immobili. Uno di fronte l’altro. Eppure si vedono da mesi. Poi camminano. Corrono. Si scontrano. Si siedono, possibilmente sul terriccio umido e sulle foglie sporche. Crescono.

Le ore passano. Ognuna tenta di riprendersi il suo. Si comincia a sentire la prima frase: E’ ora della pappa, andiamo. Si vede la prima manovra di inserimento nel passeggino, mentre il piccolo scalpita. Una recita che si ripete, più o meno uguale, dal primo all’ultimo bimbo che lascia il parco.

Andiamo via anche noi. Il tragitto dal parco a casa, come ogni giorno, penso sempre alla stessa cosa. E’ bellissimo vederla crescere. Relazionarsi. Stare fuori, anche se il clima alle volte è rigido. Non fa niente che sono stanca morta. Che ho il raffreddore. Che mi fa male la testa. Quasi quasi, al nido, la mando a settembre!

25 commenti

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  1. Eccomi presente anche io! Tra Non molto rientrò al lavoro e il mio piccolo al nido! Ma quando tornerò a casa sarà peggio di adesso praticamente se ora trascino le gambe non oso immaginare dopo!

  2. Io sono al 6 figlio….. Ragazze dopo il primo non si dorme più per tutta la vita …perche poi sono adolescenti…poi grandi con le macchine…insomma una vita piena di veglie…e meraviglie …credetemi !!!!