Quali sono i diritti di una donna lavoratrice in gravidanza?

Le donne in gravidanza devono essere supportate e tutelate a partire dall’ambiente di lavoro; lo dice anche la legge che con il Decreto Legislativo n. 151 del 2001 esplicita i diritti delle future mamme lavoratrici.

In primo luogo c’è l’esplicito divieto di licenziare le donne durante il periodo della gravidanza sino al primo anno di età del bambino; allo stesso modo non possono essere sospese, a meno che non si tratti della chiusura dell’intera azienda.
Un secondo divieto riguarda le mansioni pesanti: la neo-mamma non potrà svolgere alcun compito particolarmente pericoloso, gravoso o in condizioni insalubri dall’inizio della gravidanza sino a sette mesi dopo la nascita del bambino. Inoltre la fascia lavorativa dalle 24 alle 6 non può essere assegnata alle donne per tutto il periodo della gestazione fino al compimento del primo anno di età del bambino.
La legge italiana si esprime anche sui congedi e prevede quattro casi specifici: i congedi di maternità, i permessi per allattamento, i congedi parentali e quelli per malattia del figlio.

Il congedo di maternità copre il periodo di tempo appena prima e dopo il parto, ha durata obbligatoria di cinque mesi e viene retribuito all’80% dello stipendio della lavoratrice. Viene distribuito in maniera flessibile a discrezione della futura mamma, che deciderà se interrompere l’attività a due o a un solo mese dal parto e avere così ancora tre mesi a casa dopo la nascita del bambino o addirittura quattro nel secondo caso. Per tutti quei lavori considerati a rischio o per gravidanze problematiche, l’Ispettorato del Lavoro può richiedere un congedo anticipato o un cambio di mansioni per la diretta interessata.
Durante il primo anno di vita del bambino, la mamma ha inoltre diritto a delle interruzioni quotidiane totalmente retribuite per l’allattamento; due ore suddivise in due interruzioni su almeno 6 ore di lavoro quotidiano, altrimenti il tempo si riduce ad un’ora. Se il parto è gemellare le ore di permesso raddoppiano e possono essere sfruttate anche dal papà.
Il congedo parentale prevede un periodo di ulteriori sei mesi, retribuito al 30% dello stipendio. Questi sei mesi possono essere richiesti anche dal papà, previo preavviso al datore di lavoro di 15 giorni, ed essere sfruttati in maniera continuativa o distribuiti sino al compimento dell’ottavo anno di età del bambino.
In caso di malattia di figli minori ai tre anni di età, entrambi i genitori a turno possono astenersi dal lavoro per periodi pari a quelli delle malattie; per i bambini tra i tre e gli otto anni invece, i genitori hanno a disposizione cinque giorni lavorativi all’anno di congedo.

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