30 aprile 2025 –
Nel dibattito generale si associa ancora la fecondazione assistita a culle doppie o triple, ma i numeri più recenti raccontano il contrario. Grazie a una rivoluzione silenziosa che coinvolge laboratorio, cliniche e normativa, oggi la nascita di gemelli dopo PMA è l’eccezione, non la regola.
I dati 2023: crollo verticale delle gravidanze multiple
Nel 2023 le gravidanze ottenute con tecniche di PMA in Italia sono state 15.085; solo il 6,9 % è si è concluso con un parto gemellare — circa la metà della media europea e molto meno dell’1,5 % riscontrato nelle gravidanze naturali — ma, soprattutto, tre volte in meno rispetto al picco >20 % registrato fra il 2012 e il 2015.
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Lo stesso Ministero della Salute segnala infatti che la diminuzione procede di pari passo con la riduzione dei trasferimenti multipli di embrioni: oggi oltre il 60 % dei centri italiani adotta il single embryo transfer (SET) come pratica standard.
Perché ridurre i parti gemellari?
All’inizio del percorso di fecondazione assistita molte coppie immaginano una gravidanza gemellare come un “due-in-uno”: una soluzione rapida che regala subito la famiglia numerosa desiderata o, quantomeno, il male minore rispetto a nuovi e stressanti cicli di PMA. In realtà la medicina riproduttiva moderna ha un traguardo molto più preciso e ambizioso: mettere al mondo un solo bambino sano per gravidanza, riducendo al minimo i rischi per madre e neonato.
Infatti le gravidanze multiple aumentano il rischio di parto prematuro, taglio cesareo, pre-eclampsia e basso peso alla nascita.
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La Società Europea di Riproduzione Umana ed Embriologia (ESHRE) ribadisce che “l’esito ideale di un ciclo di PMA è la nascita di un singolo neonato sano”, raccomandando il trasferimento del singolo embrione come gold standard.
Fortunatamente, in Italia la Legge 40/2004 è stata progressivamente riformata (grazie alle sentenze della Corte Costituzionale 151/2009, 96/2015, 221/2019) rimuovendo il limite di tre embrioni impiantabili per ciclo: oggi le coppie, guidate dal medico, possono scegliere di trasferirne uno soltanto senza vincoli normativi.
Le tre innovazioni che hanno cambiato la PMA
1. Vetrificazione: il congelamento “flash” che salva quasi tutti gli embrioni
Introdotta stabilmente nel 2011, la vetrificazione sostituisce la precedente tecnica dello slow-freezing, riducendo la formazione di cristalli di ghiaccio. I tassi di sopravvivenza post-scongelamento sfiorano il 98% in molti centri, eliminando la tentazione di impiantare più embrioni per massimizzare le probabilità di successo.
2. Coltura a blastocisti e single embryo transfer
Inoltre, portare l’embrione fino al 5-6° giorno (blastocisti) permette ai biologi di selezionare i candidati con massimo potenziale di impianto. Poiché circa il 50 % degli embrioni non raggiunge questo stadio, trasferendone uno solo si mantengono le stesse chance di gravidanza, ma si azzera quasi il rischio di gemelli. Un trend confermato da studi europei sul miglioramento dei tassi di nascita viva grazie all’impianto di blastocisti con SET.
3. Diagnosi genetica pre-impianto (PGT): precisione su misura
Infine, si è sviluppata la diagnosi genetica pre-impianto (PGT). Analizzando le blastocisti in uno stadio più avanzato, si riesce a determinare quella con la prognosi migliore e si crioconservano le altre, pronte per un futuro tentativo — senza trasferimenti doppi.
Specifichiamo che la PGT non è sempre necessaria. È consigliata se vi sono fattori di rischio cromosomico o ereditario; negli altri casi la scelta dipende da età, storia clinica e purtroppo, budget a disposizione della coppia. Perché se è vero che la fecondazione assistita è stata inserita nei LEA, non tutte le analisi previste sono coperte dal ticket sanitario.
Oggi quindi la probabilità di avere gemelli con la fecondazione in vitro, è di circa 7 gravidanze su 100 in Italia, contro oltre 20 su 100 dieci anni fa.