Il giorno di San Francesco, 4 ottobre, torna festa nazionale: scuole e uffici chiusi

Una festività che era stata cancellata quasi cinquant’anni fa sta per tornare nel calendario ufficiale delle ricorrenze nazionali.

La decisione, sostenuta da una larga parte della maggioranza politica, riporta al centro del dibattito pubblico non solo il valore simbolico della celebrazione, ma anche le sue conseguenze economiche e organizzative per lavoratori, aziende e istituzioni.

Il 4 ottobre tornerà festa nazionale in onore di San Francesco d’Assisi

A partire dal 2026, in occasione degli 800 anni dalla morte di San Francesco, patrono d’Italia, il 4 ottobre sarà nuovamente inserito tra le festività ufficiali del calendario nazionale.

L’iniziativa è stata promossa da Noi Moderati e Fratelli d’Italia, con il sostegno di Forza Italia e Lega, e riporta in vigore una celebrazione che era stata cancellata nel 1977.

La prima volta utile per usufruirne cadrà però nel 2027, quando il 4 ottobre sarà un lunedì, visto che nel 2026 coinciderà con una domenica. In quella data scuole, uffici e amministrazioni pubbliche rimarranno chiusi, al pari delle altre ricorrenze già riconosciute a livello nazionale, come Natale o il Primo maggio

Impatto su lavoratori e pubblica amministrazione

Il ripristino di questa festività comporterà vantaggi concreti per i lavoratori.

Chi opera nel settore privato riceverà infatti la retribuzione festiva con le relative maggiorazioni, mentre alcune categorie del pubblico impiego – ad esempio le forze dell’ordine – avranno diritto a un giorno libero in più.

I costi aggiuntivi, legati alle indennità da corrispondere, saranno a carico dello Stato e andranno ad aumentare le spese previste per le giornate di festa riconosciute a livello nazionale. Una scelta che, oltre al valore simbolico e culturale, ha dunque effetti tangibili sull’organizzazione e sulla gestione economica di imprese e istituzioni.

Il confronto politico e le proposte bocciate
La decisione ha raccolto ampi consensi, ma non è stata priva di contrasti. In commissione Bilancio, il deputato Dieter Steger, appartenente al gruppo Misto-minoranze linguistiche, ha avanzato la richiesta di aggiungere tra le festività anche il 19 marzo, giorno di San Giuseppe. L’emendamento è stato però respinto dal governo, che ha motivato la scelta con l’elevato costo della misura e il rischio di aprire la strada a nuove rivendicazioni.

Non sono mancati toni ironici tra i parlamentari di maggioranza, con riferimenti a “San Girolamo o San Tommaso” come possibili ulteriori candidati. Un vero e proprio confronto tra santi che ha animato Montecitorio, in attesa del voto finale dell’aula della Camera previsto a metà settimana, prima del passaggio della proposta al Senato.


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