Restrizione di crescita fetale: come riconoscerla

A volte, purtroppo, capita: un’ecografia di routine e si scopre che qualcosa non va per il verso giusto. Il bambino non cresce come dovrebbe ed è più piccolo della norma: si chiama restrizione di crescita fetale e non esistono terapie.

Restrizione di crescita fetale: quando far nascere il bambino?

Quando il bimbo non cresce in modo corretto, l’unica possibilità resta quella di farlo nascere il prima possibile ma neanche troppo presto, per non subire i rischi della prematurità. In questi casi, quindi, è importante individuare il momento perfetto per il parto, in altre parole, quello in cui è ottimale il rapporto tra i pericoli associati alla permanenza nell’utero materno e quelli riferiti alla nascita prematura. E’ proprio in quest’ambito che s’inserisce TRUFFLE, uno studio europeo recentemente pubblicato sulla rivista Lancet.

La risposta è in due esami combinati

Secondo gli scienziati che hanno partecipato alla ricerca, la soluzione migliore per decidere quando far nasce il bimbo è lutilizzo combinato del classico tracciato cardiotocografico e del doppler del dotto venoso, un particolare esame ecografico. Il cardiotocografo, che misura il battito cardiaco fetale attraverso alcuni sensori applicati sul ventre della mamma, è lo strumento privilegiato per valutare le condizioni del feto ed è lo stesso che si utilizza per eseguire il comune tracciato quando la gravidanza è ormai giunta al termine. Il doppler del dotto venoso, invece, è un metodo d’indagine che analizza una struttura anatomica peculiare del feto (il dotto venoso), predisposta alla conduzione diretta del sangue dalla placenta al cuore.

I risultati dello studio relativo alla restrizione di crescita fetale

Il TRUFFLE ha coinvolto più di 500 donne incinte con diagnosi di restrizione di crescita fetale. Le partecipanti, quindi, sono state suddivise in tre gruppi, ognuno con una diversa strategia di monitoraggio, allo scopo di stabilire quali delle tre procedure fosse la più idonea per stabilire la data del parto. Ciò ha evidenziato un’importante conseguenza, non tanto in termini di mortalità neonatale, ma piuttosto riguardo alla sopravvivenza libera da handicap a 2 anni. Infatti, nel gruppo sottoposto a doppler del dotto venoso in presenza di modificazioni gravi, questa è risultata nettamente superiore rispetto al gruppo monitorato solo attraverso il cardiotocografo.

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