Neomamma: le domande fanno davvero piacere?

“Dorme?” “È brava?” “Le dai il tuo latte?”: il trio delle domande sbagliate

 

Ha partorito poco fa. È chiaro: l’avevo vista col pancione anche se non parliamo mai. E poi adesso quel cosetto di rosa coperto che tiene in braccio farà sì e no tre spanne.

Nell’assembramento infernale dell’uscita da scuola la vedi che quasi fa luce: in ordine, un filo di borse sotto gli occhi, i capelli a posto. La sua bambina dev’essere una di quelle che dormono. Ci faccio le palle.

Ne ha già altri due, che aspetta di veder sbucare dalla fiumana. Ma è quasi impeccabile. Adesso glielo vado a chiedere, se dorme. Chissà quanti glielo chiedono. Perché in fondo quando fai un bambino ti arrivano addosso un sacco di domande. Le hanno sempre fatte anche a me. Adesso lo capisco: è vero, se vedi una puerpera non ce la fai a stare zitta.

L’altro giorno una le va accanto, la vedo che chiede, è divertente, nel chiasso della folla vedo e basta, non sento niente. Guardo quella bocca che si apre e si chiude, la giovane mamma che dondola un po’ la testa, sorride cullando quel cucciolo. E di colpo mi arriva un lampo: magari quella non c’ha nessuna voglia di parlare.

Magari vorrebbe stare qui tranquilla (nei limiti del possibile) a scandagliare quella massa informe di scolari alla ricerca dei crapetti che le appartengono. Magari sta pensando agli affari suoi. Oppure fluttua. Non la vedi, la luce che fa?

Noi vediamo una nuova vita e via, addosso, di diritto.

Magari sta amando. Sì, hai presente i ragazzetti nei parchi, ai cancelli, a cavalcioni dei motorini? Andresti mai a chiedergli come va?

Magari sta vivendo il suo tepore. Il bello di due vite intrecciate in mezzo a quella grandine di persone.

Magari ha ancora dolori, riassestamenti ormonali. Avrebbe volentieri fatto a meno di venire qui ma non le si è palesato nessuno a darle una mano. E allora due parole le fa volentieri, la solitudine è sempre un cagnaccio che abbaia alla porta, per una neomamma. Ma mica queste due parole qui, mica quelle che vuoi tu, che ti avvicini e in fondo dopo un piccolo che bella obbedisci alla tua curiosità, più che al desiderio di offrirti.

Però, che diamine, quella neonata è proprio bella. Lei è proprio a un metro da me. Forse le rompo le scatole. Ma come si fa a non dire niente?

E alla fine ci casco anch’io: “Come va? Dorme?

Eccomi. La domanda del c…o che mi ero ripromessa di non fare. Che anche se hai tre figli ti esce come uno starnuto, poco elegante. “È brava?” “Le dai il tuo latte?” Il trio delle domande sbagliate. Avrei preferito aprire bocca per parole migliori: “Stai bene? Posso darti una mano?

Se proprio dovevo parlare.

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