La legge intorno al nome: come chiamare il bebé?

L’arrivo di un bebè in famiglia è sempre un evento lieto, tuttavia, potrebbero nascere delle discussioni o dei veri e propri psicodrammi al momento della scelta del nome.

L’accordo tra i genitori è importante, poichè non è permesso modificare il nome senza un valido motivo dopo che esso sia stato registrato: se uno dei due genitori non è totalmente d’accordo, non si potrà più fare niente a meno di non voler presentare un Istanza alla Prefettura. Oltre a questo, bisogna stare bene attenti anche a cosa dice la legge in merito.

La legge italiana riguardo al nome

Citiamo, a tal proposito, l’articolo 6 del Codice Civile, che recita:

“Ogni persona ha diritto al nome che le è per legge attribuito. Nel nome si comprendono il prenome e il cognome. Non sono ammessi cambiamenti, aggiunte o rettifiche al nome, se non nei casi e con le formalità dalla legge indicati.”

Ci sono state anche diverse rettifiche a tale disposizione, che hanno modificato il diritto in tema di nome: la riforma Bassanini del 2000 e più recentemente la legge 219 del 10 dicembre del 2012. Allo stato attuale, le cose stanno così:

  • Innanzitutto, è vietato attribuire ad un neonato il nome di un padre, di un fratello o di una sorella viventi. Infatti, in Italia non esiste la possibilità di aggiungere la dicitura <jr.> al nome, per distinguere le due persone.
  • Il nome scelto dovrà rispecchiare chiaramente il sesso del nascituro e non dovrà creare equivoci e ambivalenze.
  • Non dovrà nemmeno trattarsi di un nome vergognoso ed imbarazzante: è espressamente vietato affibbiare nomi come Evacuo, Limonta o Pazienza…e pensare questi citati sono realmente stati registrati!
  • Per quanto riguarda i nomi stranieri, la legge richiede che vengano utilizzate solo le lettere dell’alfabeto italiano (esteso alle lettere: J, K, X, Y e W), pur con il mantenimento dei “segni diacritici” propri della lingua d’origine degli stessi.
  • Veniamo al problema del numero: i nomi possono essere al massimo 3, con o senza virgole. La normativa è cambiata di recente, quindi è importante fare attenzione agli aggiornamenti in vigore dal Primo Gennaio 2013. Cambia il numero di prenomi da indicare negli atti ufficiali: uno se dopo il primo è stata inserita la virgola; due se la virgola è stata inserita prima del terzo e tutti e tre se non c’è virgola. Attenzione, quindi, ad assegnare al proprio figlio tre diversi nomi, tutti staccati, poiché lui/lei sarà costretto/a a firmarsi sempre con tutti e tre, con gli inevitabili problemi e le burocrazie che ne nascono.
  • Infine, riguardo ai nomi geografici come Asia, America o Africa, solo negli ultimi tempi si è sviluppata una grande tolleranza, ma fino a pochi decenni fa era assolutamente vietato chiamare così la propria figlia.

Cosa sapere inoltre sulla legge intorno al nome

Ricordate che l’ufficiale dell’anagrafe non può rifiutarsi di registrare il nome desiderato, ma può opporsi a tale scelta e ricordare ai genitori cosa prescrive la legge in merito: il nome, anche se vergognoso o non conforme alla regolamentazione, verrà registrato comunque e successivamente verrà aperto dalle Prefettura un fascicolo che costringerà i neo-genitori a rettificarlo presso lo stesso ufficio.

Un caso eclatante è stato quello che ha visto qualche anno fa due genitori di Genova difendere in un aula di tribunale la loro decisione di chiamare il figlio Venerdì: dopo la segnalazione dell’anagrafe comunale, la Corte d’Appello ha confermato quanto già deciso dal tribunale, stabilendo di cambiare il nome del piccolo, che ormai aveva 15 mesi, il Gregorio, il santo del giorno. “Il nome Venerdì – hanno argomentato infatti i giudici – comportava il collegamento immediato al romanzo Robinson Crusoe di Daniel Defoe… ad una figura caratterizzata da un ruolo di sudditanza e di inferiorità la quale, pur elevandosi dal suo stato di creatura selvaggia, non arrivava mai ad essere equiparabile all’immagine dell’uomo civilizzato”.

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