Gravidanza trigemina: l’esperienza di Erica

Per quanto possa essere rara, l’attesa di tre bebè non è impossibile! Ma quante difficoltà e che stanchezza per la mamma che si trova ad affrontare nove mesi con un peso non indifferente. Ci racconta la sua esperienza Erica, oggi mamma di tre bellissimi gemellini Adele, Francesco ed Emma di 7 mesi, giovane mamma che ha vissuto la magica esperienza di portare tre bebè nel pancione.

Gravidanza trigemina: tante emozioni… dalla prima ecografia al parto improvviso

Erica ci racconta: “Era la mia prima gravidanza, appena lo abbiamo scoperto durante l’ecografia a mio marito, la prima cosa che ho detto è stata: “dobbiamo cambiare la macchina!” Infatti proprio il giorno del test positivo avevamo ritirato la macchina nuova, una Golf, troppo piccola per trasportare tre neonati! Inutile dire che la notte stessa non ho chiuso occhio, pensavo alle difficoltà della gravidanza e a quelle economiche per il futuro, ma la gioia di una gravidanza dopo 3 anni di tentativi, superava tutte le perplessità e questi pensieri sono durati giusto un paio di giorni.

La gravidanza è cominciata benissimo, senza nausee e fastidi particolari, a dispetto da quello che potevo aspettarmi trattandosi di una gravidanza trigemina, ed ho potuto lavorare fino alla fine del 3 mese. Poi la mia ginecologa mi ha costretto a stare a casa perché si trattava di gravidanza a rischio.”

Quando avete iniziato a realizzare che erano in arrivo tre bebè? Come procedeva la gravidanza? Come vi siete organizzati e quali acquisti e scelte essenziali avete dovuto prendere?

“Dopo la morfologica ordinammo un trio doppio e uno singolo e su consiglio della mia ginecologa ci rivolgemmo ad un altro ginecologo, primario di una struttura di III livello dove c’era la terapia intensiva neonatale poiché i bimbi sarebbero nati prematuri. Intanto la gravidanza procedeva alla grande tanto che per questo motivo purtroppo il ginecologo mi evitò il ricovero anticipato per tenermi monitorata e alla 32° settimana ancora non mi avevano programmato la data del taglio cesareo, né mi era stata praticata la profilassi di terapia cortisonica per la maturazione artificiale dei polmoni dei bambini.

Hai avuto paura o difficoltà in previsione del parto? E’ andata come ti aspettavi?

“Il 19 luglio, quando ero solo di 32+4 improvvisamente iniziarono le contrazioni, e noi abitando a 50km dall’ospedale, ci mettemmo subito in cammino. In pronto soccorso, dopo la visita, quando risposi che non avevo fatto il cortisone, la dottoressa rimase basita e andò subito a chiamare il mio ginecologo, che però non riuscì a raggiungere perché finito il turno andò in ferie. Mi misero su una poltrona a fare il tracciato circondata da infermieri e ostetriche e nel frattempo mi misero la flebo e mi fecero l’iniezione di cortisone nella speranza di riuscire a bloccare le contrazioni e accelerare la maturazione polmonare dei piccoli. Alle 12 mi ricoverarono e mi assegnarono un letto, l’urgenza sembrava rientrata tanto che mandai mio marito a casa. La serenità durò poco perchè alle 23 ricominciarono le contrazioni, mi visitarono e visto che avevo una dilatazione di 2 cm optarono per un cesareo d’urgenza. Mio marito e mia madre nonostante la distanza, arrivarono in tempo ed io, a parte la paura per l’epidurale, ero serena. Una volta in sala operatoria mi prepararono per l’intervento e dopo 7 tentativi, riuscirono ad anestetizzarmi. Mi mancava l’aria ma la sensazione era causata dal peso e dallo schiacciamento del pancione, e passò dopo che estrassero il primo bimbo, Adele, di 1645gr. Dopo un minuto ci fu Francesco di 1760 e poi Emma di 1800gr. Nonostante la prematurità i bambini avevano un buon peso, io non avevo potuto vederli ma avevo sentito i pianti e questo un po’ mi tranquillizzò.

Subito dopo la nascita furono portati in un’altra stanza ed affidati a due equipe della neonatologia, che si presero cura di loro e fecero i primi accertamenti.
Cercavo di chiedere informazioni soprattutto perché sentivo suonare un macchinario, ma solo un’infermiera mi rispose che era la culla calda e che era normale quel suono, così stremata, dopo 24h sveglia, mi addormentai. Mi svegliò la neonatologa per dirmi che i bimbi erano stati portati in TIN(terapia intensiva neonatale) perché avevano avuto problemi respiratori.
Tornai in camera serena, perché tutto quello che era successo me lo aspettavo, ma non riuscii a dormire perchè ero troppo agitata.
Chiedevo sempre informazioni a mio marito, ma dei bimbi non si sapeva niente. Solo dopo diverse ore, lui riuscì ad entrare in TIN e fare le foto ai bambini. Me le fece vedere, i piccoli avevano una mascherina ed erano pieni di tubicini. Io mi aspettavo anche questo.

Quali sono le emozioni del vostro primo incontro? Come ti sentivi?
“Finalmente, alle 16.30 quando mi permisero di alzarmi riuscì a vederli. Che emozione… I miei bambini erano più grandi di quello che mi aspettavo, mancava solo un po’ di ciccia!
Nel frattempo io riuscì a tirare il latte che consegnavo alle infermiere per alimentare i bambini.
Il giorno dopo il parto, fu drammatico. Quando andai in TIN dai miei bimbi, iniziai a piangere, non riuscivo a respirare, il taglio mi faceva male, così tornai in camera sconfortata e mi fecero stare a riposo, perché la mia difficoltà respiratoria era dovuta al diaframma che durante la gravidanza era in alto e adesso stava riprendendo il suo posto.
Mi sfogai piangendo, e il pomeriggio ero di nuovo dai miei bimbi, così scoprii che Adele non aveva più la cpap (ventilazione meccanica) e quello fu sufficiente a far passare tutto lo sconforto.
La stessa sera anche a Francesco tolsero la cpap.
Il venerdì pomeriggio riuscimmo a parlare con i dottori che ci dissero che i bambini non avevano avuto grossi problemi, che se avessi fatto quel benedetto cortisone sarebbero stati sicuramente meglio ma tutto con il tempo si sarebbe sistemato.

Il giorno dopo in TIN mi dissero che Adele era stata trasferita ai lettini, dove mi permisero di fare “contatto pelle a pelle” (o marsupioterapia) me la misero dentro la camicia da notte… ed io ho ancora i brividi…quell’esserino così piccolo e pieno di vita l’avevo fatto io! Si addormentò sul mio petto…ero strafelice.”

Come hai affrontato le difficoltà dei tuoi piccoli?
“Appena arrivata a casa mi guardai allo specchio per la prima volta senza pancia…e senza nessun bambino da cullare…piansi tanto, poi mi feci forza e già dopo un’ora nel reparto dell’ospedale dove avevano trasferito Adele e Francesco.
Erano in incubatrice e dovevano restarci finchè non avessero raggiunto i 2 kg, dopo di chè sarebbero stati trasferiti nelle culle e vestiti, e avremmo potuto provare a dargli il biberon.
Io e mio marito facevamo avanti e indietro Macerata -Ancona (dove c’era ancora Emma)e io regolarmente ogni 3 ore tiravo il latte, lo congelavo e lo dividevo.
Il 5 agosto finalmente fu trasferita a Macerata anche Emma. Purtroppo non riusciva a respirare autonomamente ed è stata più tempo in ospedale rispetto ai fratelli.
Il 13 Agosto abbiamo portato a casa Adele e Francesco e l’8 settembre anche Emma è stata dimessa.”

Cosa significa gestire tre gemellini?
“L’allattamento al seno non mi è riuscito perché in ospedale non mi hanno aiutata in questo senso, ma ho usato il tiralatte fino a qualche giorno fa e da qualche giorno abbiamo iniziato lo svezzamento. Al momento mangiano a turno.
Da quando sono venuti a casa ho trascorso le giornate da sola con loro, preferisco rinunciare all’aiuto ma guadagnarci in tranquillità e serenità che giova a loro e a me.
Solo alla sera vengono a turno i miei genitori o i suoceri perché mio marito aveva timore che da soli potevamo non farcela. La notte è stata complicata fino al 4 mese, un po’ per i bimbi… Un po’ per il terremoto che ha colpito la nostra zona!
Amo talmente tanto i miei bimbi che non mi lamento mai di loro!!!
Anche perché se ho bisogno di andare a fare qualche commissione posso contare sulla presenza di mio suocero e tra qualche mese tornerò alla routine quotidiana rientrando a lavoro, solo al mattino, finchè loro non spegneranno la prima candelina.>>

La gravidanza trigemina è un evento raro ed avviene soprattutto quando ci si sottopone a metodi di concepimento e fecondazione medicalmente assistiti. Determina un rischio sia per la gestante che per i nascituri, che nascono con molte settimane di anticipo rispetto al termine previsto e spesso necessitano di assistenza neonatale in strutture di III° livello.

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